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Capitolo tre: Post-it
David continuava a rigirarsi nel letto. Questa cosa proprio non gli andava giù. Non voleva che… non voleva cosa? David sapeva bene cosa, ma cercava di negarlo a se stesso. “No, non è amore!” ripeteva a se stesso “è solo che… mi preoccupo per lui. Ecco si è quello, mi preoccupo per lui!”. Con questi pensieri cercava sempre più di convincere se stesso. Ma nemmeno lui era tanto convinto di quello che pensava. Proprio mentre il sonno stava per raggiungerlo gli vibrò il telefono che teneva sotto il cuscino. Era un messaggio di Katy, una sua amica. David prese pigramente il telefono e lesse il messaggio: “Ehy David! Ho saputo che in settimana aprono un nuovo pub, ti và di venire con me all’inaugurazione?”. David sorrise. Katy sapeva benissimo che lui era astemio e che la storia del bar era solo una pretesa per vedersi. In effetti era un po’ che non passavano del tempo assieme. Non fece in tempo a scrivere il messaggio di risposta che il telefono cominciò a vibrare, stavolta era una chiamata di Katy appunto. “Tempismo perfetto” pensò. “Daviiiid” squittì una vocina “ma è mai possibile che devo sempre chiamarti io?! Dai anche tu segni di vita ogni tanto!” disse. “Katy… sei sempre così gentile…” disse con una voce un po’ malinconica. “Ehi, ma cos’è sta’ voce da morto? E’ mica successo qualcosa…?” chiese la ragazza. “No, beh si. Ma non posso parlarne ora… facc..” non fece in tempo a finire di parlare che dall’altra parte del telefono Katy gridò: “Santo cielo Bonk! Vediamoci domani subito in negozio da me! Anzi no facciamo una cosa, ti vengo a prendere io a casa e… ma no nemmeno quello perché la macchina ce l’ha mia cugina… allora facciamo così, alle tre davanti alla stazione della metropolitana. Ah no aspetta ma poi magari non ci troviamo…” “Katy, vengo in negozio. Ok? Alle tre. Adesso scusa, ma devo attaccare!” e tirò giù il telefono bruscamente. Katy era così e David lo sapeva bene. Si preoccupava sempre per tutto e tutti, mettendo gli altri prima di se stessa. La conosceva fin dalle medie, erano nella stessa classe. Era una ragazzina minuta, con i capelli rossicci corti e delle lentiggini simpatiche sul naso. Era carina si. David e Katy erano stati insieme (se così si può dire) l’ultimo anno di medie. Una di quelle storielline infantili, ma che comunque era durata per tutto l’anno scolastico e per un primo periodo delle superiori. Poi David aveva improvvisamente troncato la relazione ma, cosa positiva, erano rimasti ottimi amici. David fu preso dai ricordi. Iniziò a ripensare a tutte le estati che aveva passato con… Timo. Ai loro giochi, a quando Timo lo aspettava sempre davanti casa sua e a quando andavano al giardinetto vicino a giocare. Improvvisamente la porta si aprì e i ricordi di David si interruppero bruscamente. Era Timo che entrava con un vassoio. Sopra c’erano due bicchieri di latte e dei biscotti al cioccolato. David si mise a sedere sul letto fissando l’ombra di Timo che stava fermo all’entrata della camera. “Entra pure eh, qui non ti mangia nessuno…” disse. “Ah… si! Scusa è che… ho portato la merenda notturna! Come faceva tua mamma quando eravamo piccini…ricordi quando..” David lo interruppe bruscamente “Ricordo tutto. Entra dai.” Timo ci mise un poco prima di riuscire a muoversi. Le tende erano tirate e la luce della luna illuminava la stanza. Il volto di David era illuminato da quei dolci raggi e Timo non potè fare a meno di pensare che era… bellissimo. Posò il vassoio sul letto e poi si sedette. David prese un biscotto e con lo sguardo verso la finestra iniziò a mangiucchiarlo in silenzio. Timo prese a sua volta un biscotto e disse: “Prima.. sei sbottato e ecco pensavo ti sentissi male così sono venuto a controllare” bugia. Sapeva benissimo perché David era sbottato. Mentiva a se stesso per convincersi di aver fatto il giusto. “Timo dai, lasciamo stare. Piuttosto quando esci con la tipa… come si chiama..” “Ah con Lily!” il volto di Timo si illuminò improvvisamente “Credo domani. Linke e Jan mi portano al negozio di dischi… così intanto vedo com’è visto che non mi hanno voluto anticipare nulla!” rispose. “Ah bene. Io domani non sarò in casa, quindi le chiavi dalle a Frank o a Juri…” rispose pigramente. Il fatto che domani Timo avrebbe incontrato l’arpia non gli piaceva per nulla. “Non sarai a casa? Esci? E con chi!?” chiese sorpreso Timo. “Con chi mi pare!” rispose David. Entrambi sembrava quasi che fremessero dalla voglia di litigare. Lo sguardo di Timo si fece scuro. “Ma con chi vuoi che esca… vado a trovare Katy nulla di più…” rispose con una nota triste nelle sue parole. “La Katy! Salutamela, è una vita che non la sento!” disse. “Si te la saluterò…” David voleva rimanere solo e Timo lo capì. “Bene. Io vado a letto e… notte.” Si alzò, prese il vassoio con i due bicchieri e andò via chiudendosi la porta alle spalle. “Ho fatto una cazzata ad accettare di conoscere sta’ Lily” pensò. “Ho fatto una cazzata a lasciare che Timo accettasse di conoscere sta’ Lily” pensò David mettendosi sotto le coperte e chiudendo gli occhi. Entrambi passarono la notte agitata, nessuno dei due riuscì a riposare. Di fatti il mattino successivo David trovò la casa vuota. Sul tavolo della cucina c’erano sei post-it gialli. Iniziò a leggerli uno per uno: “David, t’ho lasciato un cornetto nel microonde. Scaldalo e mangialo, firmato Frank.” Frank era il cuoco di casa e si occupava anche di far la spesa. Era quasi sempre al supermercato a cercare delle offerte. “Alla fine ci troverà la moglie tra gli scaffali” pensò David ridacchiando. “Buon giorno. Io e Jan accompagniamo Timo da Lily. Ti abbiamo lasciato qualche spicciolo…” improvvisamente il colore della penna cambiava e cambiava anche la scrittura “ gli spiccioli te li ho fottuti io che mi dovevo comprare le sigarette. Li riavrai… prima o poi. Jan” . David ormai c’aveva fatto l’abitudine, cose del genere erano quasi all’ordine del giorno. Jan era il più cazzaro e incallito fumatore che avesse mai conosciuto. “Io esco vado al negozio di sport. Non cercarmi. Juri” David rimase leggermente perplesso leggendo il messaggio di Juri. Era un tipo serio e riservato, è vero ma il messaggio era scritto di fretta, con calligrafia confusa. “Chissà che ci sarà mai al negozio di sport… “ pensò curioso. Infine prese l’ultimo bigliettino. Era agitato e non sapeva se leggerlo o meno. Non sapeva se voleva leggerlo o meno. Lo lesse: “David, ti voglio bene. Timo.” David rimase a bocca aperta. Rilesse una, dieci, cento volte il messaggio. Quel ‘ti voglio bene’ lo spaventava. Perché Timo gli aveva scritto una cosa del genere? Se lo ripetevano quasi tutti i giorni che si volevano bene ma quel messaggio trasudava tristezza. Se lo mise in tasca, poi si diresse verso il bagno. Una bella doccia lo avrebbe aiutato a calmarsi. Si spogliò, mise il pigiama e l’intimo a lavare e si mise sotto il getto tiepido della doccia. Stava li fermo, con la mente sgombra da tutto. E fù lì, in quel momento, che iniziò a piangere. Le lacrime erano quasi una valvola di sfogo per lui, aveva pianto ieri sera, convinto di aver versato tutte le lacrime possibili e immaginabili di questo mondo ma a quanto pare non erano state abbastanza. Stava li fermo, con la mente sgombra da tutto e con il viso bagnato dall’acqua e dalle lacrime. Acqua e lacrime si confondevano eppure lui sapeva bene distinguerle l’une dalle altre. Si perché le seconde avevano un retrogusto amarognolo, come la rabbia e la tristezza che ti porti dentro.
E' lunghino ò.ò ma spero piaccia! <3
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