Fiss Au Pair

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lalla1595
view post Posted on 15/7/2010, 17:39




Allora...non ho mai postato alcuna storia, quindi non so cosa si dice all'inizio. Comincio col dire che, dopo aver letto i capitoli, accetto qualsiasi tipo di giudizio, buono o cattivo che sia. Dopo tutto, serve per migliorare la propria tecnica di scrittura ;) Ed ecco il primo capitolo di Fiss Au Pair.

CAPITOLO 1

Lesse di nuovo. Alzò il capo dal fogliettino che teneva davanti al viso con tutte e due le mani, che stavano per l’appunto iniziando a tremargli. “Neumunsten…N° 127…Mh!” Disse come se stesse parlando con qualcuno. Abbassò lo sguardo sul foglio ancora una volta. Girò la testa a destra. Mosse i suoi occhi lapislazzuli. Il sole che stava tramontando li colpì dando loro un effetto argenteo. Una lacrima gli scese andando a bagnargli la guancia. Guardò anche a sinistra. Si convinse di trovarsi in un posto isolato, in aperta campagna…dimenticato da Dio! Davanti alla casa c’era un grande spazio imbrecciato. Subito dopo un grande prato completamente vuoto, uno steccato e poi un campo di grano. Sospirò guardando il bellissimo cielo tedesco. Non che sia così tanto diverso dal cielo norvegese, pensò, comunque se lo immaginava diverso. A dir la verità si immaginava tutto diverso! Si immaginava una casa di quelle a schiera, immerse nel traffico di Berlino, con un cielo grigio a causa dello smog. Fu contento del fatto che si trovava in aperta campagna con tanto di aria pulita. L’unico rancore era quello di non poter vedere la tanto amata Berlino. In fondo, anche lui in Norvegia abitava in una fattoria. Solo che la sua situazione in Norvegia era la stessa, per farvi un esempio, dell’Italia nel dopoguerra: quattro famiglie di dodici membri ciascuna in un’unica casa, una famiglia contadina attaccata alle tradizioni e ostile ai cambiamenti moderni, una fattoria al primo piano invece del salotto o della cucina situate insieme alle camere da letto e al bagno al secondo piano. Lui non era mai stato un contadino nel vero senso della parola. Anzi, usciva con gli amici nella piazza del suo piccolo paesino, ascoltava musica, suonava pianoforte e chitarra. Insomma, un ragazzo del ventunesimo secolo, però con una particolarità: amava la solitudine. Gli piaceva starsene ore seduto sul cortile di casa sua con le galline che gli gironzolavano intorno, disegnando qualche schizzo o scrivendo poesie e, talvolta, suonando la sua chitarra acustica, oppure semplicemente ascoltando il suono del vento e degli uccellini che cantavano, annusare l’odore del grano e dell’erba tagliata. Aveva una strana passione anche per gli indiani d’America e per la loro musica. Non a caso si comportava così. Adorava ascoltare musica classica e metal. Da una sponda all’altra, praticamente! Però, riguardando quel luogo, sentì una strana sensazione familiare e constatò che si sarebbe trovato meravigliosamente bene in quel posto. Fece un cenno d’assenso sorridendo e salì le scale per suonare alla porta di quella casa solitaria sulla collina tedesca. Appoggiò il dito e lo tolse subito. Attese. Lo travolse l’ansia. “E se mi ritrovo un vecchio bavoso? O peggio, una famiglia di scapestrati?! O…una bella ragazza…” In quello stesso momento la porta si aprì. Indietreggiò di qualche passo. Si stupì, stranamente, di ciò che vide. Ad aprirgli era stato un ragazzo alto, magro, con corti capelli marroni e occhi dello stesso colore. Dal suo stile capì che doveva essere una specie di rapper. I lineamenti erano dolci e dava l’aria di un ragazzo peperino e molto simpatico. “Uh! Ciao. Tu dovresti essere…” Cominciò il proprietario della casa. “David Lauden Bonk.” Continuò l’altro porgendogli la mano. Il ragazzo alla porta gliela strinse. Sorrise scoprendo i denti bianchi, perfetti. “Ja. Il fiss au pair. Piacere, io sono Timo Sonnenschein. Prego, entra. Non stare lì impalato sulla porta!” David era, d’aspetto, un ragazzo alto, magro, con lunghi capelli neri come la pece e grandi occhi azzurri. Le sue labbra erano rosee e facevano notare la sua bellezza a causa della pelle bianca che le metteva bene in risalto. Se non aveste notato che non aveva alcun segno di petto avreste di sicuro pensato che fosse stato una ragazza, e per giunta molto attraente! Era anche il suo comportamento solitario, timido e la sua voce molto…tranquilla a farlo pensare. Timo chiuse la porta dietro di sé. David teneva le mani giunte che stringevano una grossa valigia e osservava con espressione stupita la casa. Timo gli andò di fronte, intrecciò le braccia dietro la schiena e guardò David sorridente, tenendosi con i denti superiori il labbro inferiore. David stava ancora guardando la casa, quando si accorse della presenza di Timo. Stava quasi per andargli addosso a causa della sua distrazione nell’ammirare la casa. Sobbalzò, poi, cercando di mascherare il suo imbarazzo per la figuraccia, fece un sorriso innocente, impercettibile. Le guance gli si erano sfumate di una pallido rosso. Timo, guardando sorridere David a quel modo, sentì un moto dentro di sé, come se avesse le farfalle nello stomaco e un pensiero gli balenò nella mente. Ma scosse energicamente la testa e lo lasciò andar via, ritornando con i piedi a terra. Allungò una mano, ritornando a sorridere in quel modo, e restò fermo con una mano tesa verso David, l’altra lungo il fianco e con la schiena piegata in modo da farlo sporgere abbastanza in avanti. David, appena vide l’espressione buffa del tedesco, scoppiò a ridere. L’altro non capì e David se ne accorse. “Scusami! È che mi hai dato l’aria di un bambino che aspetta la manina del suo amichetto o aspetta di ricevere il gelato…prrrr!” Anche Timo, sentendo il pensiero di David, scoppiò in una fragorosa risata. Timo era già un po’ più maschile di David: aveva labbra molto fine, muscoli appena accennati sulle braccia, gli zigomi più marcati e il timbro di voce tipicamente tedesco, molto duro e cupo. “Hai molta immaginazione, David! Ti chiedevo soltanto se mi potevi porgere la valigia e intanto ti mostravo la tua camera da letto e anche un po’ la casa.” Disse Timo. “Oh, non preoccuparti…” Cercò di sviare David. “No, dai, ci tengo! Sei un ospite…almeno lascia allora che ti porti lo zaino.” David roteò gli occhi ridendo e annuì. Timo sorrise. Stava cominciando a farsi un’idea di David: gli sembrava un ragazzo strano, ma era sicuro che era un ragazzo timido. David si tolse con fatica il grosso zaino che aveva in spalla e lo porse a Timo, che cominciò a salire le scale seguito dal moro. Aprì la prima porta. “Oook. Comincio con il farti vedere dov’è il bagno. Se anche di notte non ricordi dov’è non farti problemi a venire a chiedermelo in camera mia!” Risero. “E’ piuttosto gentile e…altruista. E ha un ottimo senso dell’umorismo!” Pensò David. Richiuse la porta. Ne aprì un’altra. “Questa è la mia camera. Ci entriamo dopo, ora ti mostro la tua e, se vuoi, ti aiuto a sistemare le tue cose.” “Sì, grazie. Mi farebbe molto piacere!” Rispose David. “Ha una voce molto…affemminata. Ma lui è tutto affeminato! Però mi piace! Che cosa?! Ok, non ho detto nulla!” Pensò Timo. Richiuse la porta e aprì quella dell’ultima stanza. Era una casa piccolina, graziosa e piuttosto in ordine e pulita, pensò David. “Voilà! Questa è la tua camera da letto. Spero ti piaccia…” “E’ deliziosa, grazie!” Disse David incantato. Timo sbuffò una risata. “Ok. Ti aiuto a mettere a posto la valigia?” David lo guardò. Restò un attimo in silenzio a fissarlo. Timo sporse la testa più avanti, incitandolo. “Allora?” David si risvegliò dai suoi più oscuri pensieri, arrossendo. “Sì, grazie. Mi faresti un grande piacere!”
Cinque minuti dopo uscirono dalla camera. Timo lo aveva aiutato premurosamente a mettere i vestiti nell’armadio e a sistemare le altre cianfrusaglie senza borbottare né trovare una scusa per non farlo. Richiusero la porta della camera di David e Timo gli fece vedere la sua. David rimase incantato per l’ennesima volta. L’intonaco era completamente bianco. Ai muri erano attaccati molti poster di gruppi che David non conosceva affatto, constatò però fossero rap e metal, e ne fu felice. “Li conosci i Rammstein? Sono un gruppo tedesco molto famoso. Non so se ti piacciono… Suonano metal…” “Metal? Davvero? Adoro il metal!” Disse David euforico. “Davvero? Che gruppi ascolti?” Chiese Timo incuriosito. “Bèh…gruppi non molto conosciuti, sempre metal. Ascolto i 30 Second To Mars, i Linkin Park e…” “Ascolti anche te i Linkin?! Oddio, sei un ganzo!” Disse Timo dandogli una potente pacca sulla spalla. “Ascolto anche musica classica e degli indiani d’America.” Timo storse il naso. “Capisco la classica, ma gli indiani! Comunque, ti piace il rap?” “Mmmh…rap da solo lo mastico poco. Ecco perché ascolto i Linkin: sono nu metal, ovvero rap e metal insieme…o sbaglio?” “Giustissimo! Ti capisco, sai! Io ci ho messo un po’ per poterlo ascoltare da solo, ma ero sicuro che una volta abituato mi sarebbe piaciuto. Suoni qualche strumento?” “Oh, sì! Suono la chitarra e il pianoforte. Tu?” “Io canto e suono anche io la chitarra. Ho un gruppo, se vuoi domani te li presento. Vengono per fare le prove.” “Ok.” Tutto sommato la camera di Timo era semplice. Un letto singolo, un computer con scrivania. Un armadio e uno scaffale con libri di scuola e libri…fantasy. Come ogni ragazzo aveva i muri pieni di poster. Sopra la scrivania c’erano album di tanti artisti diversi e, in un angolo, David notò la chitarra di Timo con uno scatolone che doveva essere dell’amplificatore. Il suo sguardo si fissò sulla chitarra. Timo lo seguì e capì. “Vuoi vederla?” “Oh, non ti scomodare! Tanto se domani fai le prove, avrò l’occasione di vederla domani.” Sorrise. “Come vuoi.” Uscirono dalla stanza. Scesero al piano di sotto. Salotto e cucina erano insieme. David notò subito un vecchio pianoforte a coda vicino il divano. Sorrise. “Mettiti pure seduto. Fa un caldo bestiale nonostante siamo a metà giugno. Ti andrebbe un po’ di tè fresco con…vediamo…biscotti alle gocce di cioccolato? Mi dispiace, ma anche la mia dispensa è molto semplice!” “Vanno bene tè e biscotti, grazie.” Disse David. Timo annuì sorridendo. Tirò fuori il pacco intero di biscotti e il tè dal frigo. Poi si portò una mano a grattarsi il mento e l’altra appoggiata sul fianco. “Dove avrò messo i bicchieri di plastica?” “Sono quelli?” Chiese David indicando un pacco di bicchieri di plastica sopra una credenza. “Oh, eccoli. Grazie.” Si alzò sulle punte e ci arrivò con fatica. Timo era un tipo molto buffo anche nei gesti, non goffo però, pensò David. Ne prese due dal pacco, due fazzoletti e cercò di prendere anche la bottiglia, ma non ci riuscì. David si alzò di corsa appena in tempo per prendere la bottiglia che stava cadendo dalle mani del tedesco. Si alzò in posizione eretta e si ritrovò davanti il viso di Timo. Si fissarono per un brevissimo momento. Poi distolsero lo sguardo, David tossicchiando e prendendo anche il pacco di biscotti, Timo andando verso il tavolo. Si misero seduti e Timo versò il tè e aprì il pacco di biscotti. Cominciarono a mangiucchiare e così iniziarono a parlare. “Allora, David. Tu verresti da un piccolo paesino della Norvegia, giusto?” “Sì. Precisamente da Aremark. È molto povero come posto, ma ci si lamenta poco. Diciamo che non ci manca nulla!” Timo sorrise sorseggiando il suo tè fresco. “Quanti anni hai David. Raccontami un po’ di te.” “Bene. Allora, ho sedici anni. Frequento un istituto tecnico linguistico e sono qui per prestare servizio in questa casa in cambio di insegnamento della lingua tedesca. Vivo in una casa molto grande. Il posto è identico a questo…” Timo sbuffò una risata. “Vivo con la mia famiglia. Ho un fratello più grande, ormai sposato e vive in una altro comune della Norvegia. Poi nella nostra casa abitano i genitori di papà e i suoi tre fratelli con le rispettive famiglie. Adoro disegnare oltre a comporre musica e suonare pianoforte e chitarra. Amo starmene all’aria aperta, viaggiare e…credo sia tutto!” Timo annuì. “Ora mi presento io. Allora…ho diciassette anni. Vivo da solo da quando ne avevo quindici, ho due fratelli e una sorella…studio in un istituto d’arte e in un conservatorio. Io sapevo che esistevano le fille au pair!” David rise. “Io sono un’eccezione! Credo di essere l’unico fiss au pair in questo mondo!” Timo rise. “E…dove ero rimasto…ah, sì. Amo la solitudine. Suono in un gruppo con altri cinque ragazzi. Suoniamo nu metal…e sono felice di accoglierti, David!” “Grazie, Timo…” Disse arrossendo. “Conoscendoci meglio scoprirai tante altre cose, anche le più intime. Ora non me la sento di farti la palla e di raccontarti tutto quanto. Comunque ti facevo più grande!” David rimase stupito. “Sei l’unico che me lo dice. Tutti mi dicono che sembro più piccolo!” Timo sorrise. Sperava che fosse stato almeno della sua età, non proprio più grande… Ma perché lo sperava?! “Coooomunque…nella mia casa non ci sono regole molto severe: uno, per l’una di notte, tutti a letto! Puoi portarti quante ragazze vuoi, basta che non disturbi se sono a dormire!” Risero entrambi. Timo aveva una risata così contagiosa… “Spero che non porterai mai nessuna ragazza… Ma perché?! Oddio, Timo, sveglia!!!” “Poi…due: puoi svegliarti quando vuoi. Secondo le regole del fiss au pair devi fare pulizie e servizietti del genere per guadagnarti istruzione nella lingua tedesca, no? Ebbene, io ti aiuterò in ogni faccenda che fai, altrimenti mi sembra ti tenere uno schiavo in casa…” “Ma le regole…” “Al diavolo le regole! Non ci sono mica telecamere qui a controllarci. Se ti chiedono cosa hai fatto potrai raccontargli ciò che le regole ti impongono di fare, però noi intanto puliamo, cuciniamo, facciamo la spesa, facciamo tutto insieme!” “…” “Non tutto in quel senso!” David scoppiò a ridere. E Timo lo seguì. “E…quando partirai?” “…quando Timo mi vuole cacciare da casa, quando si sarà stufato di avermi fra i piedi, allora me ne andrò.” Disse David come un cucciolo impaurito. “Oh, stai tranquillo. Non potrei mai stufarmi di te, David… Doh!” Pensò Timo.




Edited by lalla1595 - 20/7/2010, 16:11
 
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davidina95
view post Posted on 20/7/2010, 16:42




Nuoooooooo è troppo bellaaaaa *___* ti prego continualaaaaaa ^_^
 
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lalla1595
view post Posted on 22/7/2010, 09:51




Sono contenta che ti piaccia XD Oki, allora la continuo. Una cosa...era tua la storia Letze Tour? L'hai più continuata?
 
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davidina95
view post Posted on 22/7/2010, 12:07




CITAZIONE (lalla1595 @ 22/7/2010, 10:51)
Sono contenta che ti piaccia XD Oki, allora la continuo. Una cosa...era tua la storia Letze Tour? L'hai più continuata?

Em no perchè non mi piaceva però ho scritto altre 5 storie o 6 e le ho finite tutte ^_^
 
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lalla1595
view post Posted on 22/7/2010, 20:44




ah oki, grazie dell'informazione xD mi dispiace che non l'abbia più continuata...:(
 
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davidina95
view post Posted on 22/7/2010, 20:46




CITAZIONE (lalla1595 @ 22/7/2010, 21:44)
ah oki, grazie dell'informazione xD mi dispiace che non l'abbia più continuata...:(

Prego ^_^ beh un pò è dispiaciuto anche a me è la prima volta che lascio una fan fiction a metà, ma non ho ispirazione :(
 
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~mad’
view post Posted on 22/7/2010, 22:14




Bella *-*
 
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lalla1595
view post Posted on 29/7/2010, 10:05




Ed ecco a voi un nuovo capitolo. Spero che vi piaccia. E, mi raccomando, non tralasciate alcun tipo di pensiero che vi passa per la mente, bello o brutto che sia. Mi sarà da consiglio per migliorare xD

CAPITOLO 2

Finito di mettere a posto i biscotti, i bicchieri e i tovaglioli nella credenza e la bottiglia di tè nel frigo, Timo si girò verso David e gli chiese “Ti andrebbe di andare a fare una passeggiatina di fuori?” David alzò le spalle “Per me va bene!” “Ok. Ti mostrerò anche il posto dove vivo.” David sorrise. Uscirono di casa. Timo chiuse la porta a chiave e scesero le scale insieme. Uscirono dal cancello che divideva lo spiazzo e la casa dal mondo esterno e David lo richiuse. Entrambi si misero le mani in tasca e cominciarono a camminare. “Allora, come va la scuola?” Chiese Timo guardando avanti a sé. Il sole che colpiva i suoi occhi marroni li fece diventare di colpo di un bellissimo oro. David rivolse lo sguardo a Timo e gli disse “Va bene, direi…” “E…te la senti di raccontarmi un pochettino di più su come vai a scuola, dov’è situata, i prof eccetera?” “Sì, certo. Bèh…non è così diversa dalla scuola tedesca. Si trova proprio nel centro del mio paese e quindi io ci vado a piedi, però devo alzarmi alle sei per poter entrare alle sette puntuale. Le materie, visto che sono al secondo anno, sono: biologia, chimica, inglese e tedesco, informatica, norvegese, matematica e ginnastica. In terzo comincerò francese, però non farò più né biologia né chimica. Quest’ultima è quella che mi rimane più complicata. I professori…bèh, che dire di loro? Sono fantastici! Certo, c’è sempre quello un po’ più severo, ma lo fanno per il nostro insegnamento. In classe ne siamo in trentacinque e…” “Quanti?!” Chiese Timo allibito. “Tr-trentacinque…” Disse David spaventato. “Wow! Proprio tanti eh!” A David tornò il sorriso sulle labbra. “Già…tanti. Però da noi le scuole sono divise in maschi e femmine, purtroppo… Però le vediamo quando escono da scuola!” Timo rise. “E te invece? Raccontami anche un po’ della tua.” Chiese David. “Mmmh… Mi dispiace dirlo, ma è una scuola dove gira molta droga e vanno di moda le ragazze incinte.” A quelle parole il cuore di David perse un battito. “Ma allora Timo si droga?” Chiese mentalmente. “Oh, ma non fraintendermi! Io non mi drogo. La odio solo per questo, altrimenti non avrei potuto desiderare di meglio! E…” In quel momento Timo abbassò il capo. David abbassò anch’esso il capo verso quello di Timo per poter vedere i suoi occhi. “…anche da te ci sono i bulli?” Chiese David. Timo alzò il capo e guardò David. Rimase ancora una volta allibito. “C-come…come fai a sapere ciò che pensavo?” Chiese il tedesco. “Non lo sapevo. È una cosa normale…troppo normale!” Timo rise. “Vero! Quindi…picchiano anche te?” David guardò Timo con un punto interrogativo. “N-non ti picchiano i bulli?” Chiese di nuovo il tedesco. “Oh! Dei del cielo, no! Per fortuna non mi hanno mai toccato. La vita è già abbastanza dura per me senza i bulli, che me la renderebbero peggiore di come è già…” “Ma questo non dice mai una parolaccia?! Per fortuna però che non ti hanno mai toccato, David. Altrimenti con le braccette gracili che ti ritrovi non saresti uscito vivo dalla Norvegia!!!” Pensò Timo, rincuorato che i bulletti non avessero mai picchiato il moretto. “…perché? A te fanno male quei mascalzoni?” Chiese David. Timo guardò davanti a sé, si schiarì la voce e parlò “Tutti i giorni è un supplizio, una lotta per la sopravvivenza nella mia scuola. E, puntualmente, ogni giorno ti ritrovi a ringraziare Dio per averti donato un altro giorno di vita…” David abbassò il capo. “Poverino! Chissà come deve essere dura per lui convivere con queste persone…” “Allora perché non hai cambiato scuola? O non l’hai terminata?” “Mmmh…volendo posso terminarla anche ora che ho finito il terzo anno, ma…la mia passione per l’arte e per il disegno è troppo forte. E poi se una cosa la comincio, durasse un anno, cinque o dieci anni, la devo finire comunque!” Disse Timo. “Che ragazzo determinato che è!” “Però io non posso lamentarmi! Hai detto che la tua vita è uno schifo anche senza i bulli!” David sbuffò una risatina molto dolce. “Bèh, ti ho detto che la vita nel nostro piccolo paese è difficile, così come nella maggior parte della Norvegia. Però siamo abituati a vedere chi sta peggio di noi e nessuno si è mai lamentato di niente. Ecco perché prima ti ho detto che non ci manca nulla in confronto, per esempio, alla povera gente in Africa. A lamentarmi, prima, mi sono sentito un verme!” “Per esserti lamentato della tua vita?” David rise “Sì! Non è buffo? Eppure la amiamo. Alcune mattine ti svegli alle quattro per andare a portare a pascolare le vacche, a piedi nudi nei campi. Poi corri a scuola. Il pomeriggio: poco tempo per fare i compiti e subito giù nel campo ad aiutare la tua famiglia! Poi il sabato e la domenica i tuoi genitori ti lasciano andare con i tuoi amici. Sono più comprensivi dei miei nonni, ai loro tempi genitori. Per me questo è bellissimo, ma per te può sembrare da arretrati. Ascolto musica metal senza farmi scoprire dai miei e insieme ad un gruppo di amici ci comportiamo da metallari, cioè quello che siamo nell’animo.” Timo rimase in silenzio, così anche David. “Sai?” Chiese Timo girandosi poi verso il moro. “Se vivessimo tutti come hai detto te sarebbe un mondo migliore. Più rispetto per i propri genitori, più voglia di andare a scuola e di studiare per potersi costruire una vita migliore, più rispetto per tutti, compresi amici, insegnanti, fratelli e così via… Più gente determinata dal duro lavoro. C’è solo una cosa che non è buona: una società così porterà sicuramente alla tirannia a causa dell’ignoranza…” “E chi ti ha detto che noi siamo ignoranti?!” Chiese David irritato. “Bèh la mia era una supposizione, non ho detto che voi siete ignoranti…” “Mh…ok. Ma non pensarlo neanche!” Disse David ridendo. Anche Timo rise. “E…la tua famiglia dov’è?” Chiese David, inconscio della risposta che Timo gli doveva dare. Questo non rispose subito. Poi si fermò. David, non accortosi subito della sosta di Timo, continuò ancora per una decina di passi. Poi, giratosi verso il tedesco e non trovandolo accanto a sé, si fermò anche lui e rivolse il suo sguardo a Timo, che era dietro di lui. “…non me la sento di parlartene ora, David. Scusami, ma è per non metterti a disagio…” Disse Timo a testa bassa. Riprese a camminare, sorpassando il norvegese. Questo lo raggiunse correndo. “Oh, non preoccuparti. Scusami tu se ti ho fatto questa domanda.” “Non hai nulla di cui scusarti.” Detto questo Timo alzò appena il capo per poter vedere David. Così gli diede una potente pacca sulla spalla. David si sforzò di non gemere. Scesero lungo la collinetta tramite una strada imbrecciata. Timo si girò verso David e lo fissò a lungo. Il moretto sentiva lo sguardo del tedesco su di sé, ma non gli diede molto peso. “Che bei capelli che hai! Sono tinti?” Chiese alla fine Timo. “Ehmm…no, sono naturali.” Disse David prendendo una ciocca di capelli tra le dita lunghe e affusolate, guardandola come se volesse essere sicuro che non fossero tinti. Timo portò una mano sulla testa di David e, appoggiandola delicatamente, cominciò ad accarezzargli i capelli. David non si accorse subito del contatto, ma quando sentì la mano di Timo sulla sua testa la spostò facendo ricadere la mano. “Oh, scusami…” Disse Timo. “Pensavo volessi darmi una delle tue pacche sulla capoccia!” Disse David, ironicamente. Timo rise così forte da far volare gli uccellini dagli alberi. “Ahahahah! No, volevo solo vedere se i tuoi capelli sono veri. Ahahah! È che sono strani per un norvegese. Li dovresti avere biondi, essendo uno del nord.” “Sì, lo so. È strano… Però anche tu, come il tedesco doc, dovresti avere capelli biondissimi e occhi azzurrissimi.” “No. Purtroppo sono un bastardo!” Timo rise di nuovo. David anche rise per ciò che aveva detto Timo.
In poco tempo arrivarono in paese. Non era molto grande. C’erano molte casette a schiera, ognuna con un proprio giardino. Erano molto carine, pensò David. La piazza era molto grande. C’erano bancarelle e negozietti di vestiti, scarpe, giocattoli, souvenirs e persino dolciumi. Al centro una grande fontana con intorno un giardino. La fontana era sollevata da terra e il giardino faceva da collina. Intorno i vicoletti si diramavano dalla piazza con strette stradine che andavano man mano allargandosi. Timo e David si sedettero su una panchina. “Da quanto suoni, David?” “Mmmmh…bèh il pianoforte ho fatto cinque anni e la chitarra sto ancora continuando. Praticamente il pianoforte ho iniziato a suonarlo a tre anni e a otto anni ho smesso pianoforte e ho iniziato la chitarra. E tu, invece? Ho visto che hai un pianoforte in salotto.” “Ah, sì quello! Io suono la chitarra da quando avevo sette anni. Però sono autodidatta perché i miei non avevano i soldi per mandarmi a lezione. E così ho imparato da solo!” “Davvero? Stimo molto gli autodidatta. Io da solo non ce la farei mai…” “Ma guarda, basta che ti vedi molti, e dico molti, video di chitarristi, tutti diversi mi raccomando, e da lì impari. Bisogna che sfrutti anche molto l’orecchio e ciò che senti provi a riportarlo sulla tua di chitarra. Sembra facile, ma come hai detto te non lo è per niente.” David sbuffò una risatina divertita. “Ma perché ridi così, David? Mi fai sciogliere! Ti prego, non farlo più… Sei dolcissimo quando fai così!” Pensò Timo con la testa fra le nuvole. “E…qual è la storia di questa città?” Quando David disse quella frase, Timo ritornò tra gli immortali così violentemente che rimase basito per un bel po’. “St-storia?! Sei sicuro di volerla conoscere???” “Mi…farebbe molto piacere!” Disse il moro con un sorriso a quarantotto denti. “Ecco, vedi… Tutto inizia nel medioevo. Non fare caso se mi inciaccio delle volte, è che l’ultima volta che ho studiato la storia del mio paese è stato in…quarta elementare credo!” Così Timo iniziò a raccontare. Con sua grande sorpresa David rimase sempre attento e qualche volta faceva delle domande o, comunque, interveniva. A Timo piaceva molto anche quel lato di David.
“Ed ecco qui. Ti è piaciuta?” “Sì, molto! Cacchio…un paese così piccolo con una storia così grande!” Disse David guardando avanti a sé. Il sole colpì di nuovo gli occhi di David dando loro quel bellissimo effetto argenteo. Timo ne rimase sbalordito. “Hai gli occhi di una bellezza ultraterrena…” Osò pronunciare. David si girò di scatto verso Timo. “C-cosa?” Chiese spaesato. Timo pensava che David non se ne accorgesse, così agitò le mani davanti a sé e si giustificò dicendo “Oh no, niente. Dicevo che il sole che tramonta è bellissimo…” “Cosa?” David si girò verso il sole che stava tramontando. “Oh mein Gott! È…davvero bellissimo!” Prese il cellulare dalle tasche dei larghi jeans che indossava e scattò una foto al cielo pomeridiano. Abbassò il telefono e si fermò a guardare il tramonto, appoggiandosi con un fianco alla panchina con un braccio sopra la spalliera. Anche Timo stava guardando avanti a sé, ma non il tramonto. Stava con gli occhi fissi sul bel corpo femminile del norvegese. Aveva una maglietta nera a maniche lunghe abbastanza attillata e jeans che gli arrivavano a metà fondoschiena, lasciando intravedere una buona parte dei boxer neri. I jeans erano larghi, di almeno due taglie più grandi di quella di David. Delle scarpe larghe, di quelle super imbottite. Ai jeans aveva attaccato una catena che gli arrivava a metà coscia e una bandana rossa dallo stesso lato della catena che gli arrivava fin sotto il ginocchio. La curvatura della panchina faceva sì che David si mettesse con il sedere al limitare del lato della fine della panchina e solamente la spalla che toccava la spalliera della panchina. In quella posizione l’altro fianco non appoggiato alla panchina assumeva una curvatura molto, come ho detto prima, femminile. Una curva a U, per intendersi. Questa era valorizzata dalla maglia nera un po’ attillata. Timo aveva notato anche prima che i fianchi di David assumevano curve strane e il bacino era stretto, come quello dei maschi d'altronde. Timo scosse energicamente la testa “Cazzo scemo! Sei pure fidanzato! Oh, è vero! Sono fidanzato… E sei pure etero!!!” Con quel pensiero che lo aveva salvato dal fare filmini erotici su di lui e su David guardò l’orologio e sgranò gli occhi. “Cazzo! David, dobbiamo tornare a casa di corsa!” David si girò e non capiva il motivo di tanta fretta di Timo. “Perché tanta fretta, Timo?” L’orologio di Timo suonò. Questo rimase come in una trans momentanea, perché si svegliò subito dopo. “Te lo spiegherò a casa. Ora dobbiamo correre. Siamo già fin troppo lontani per arrivare in tempo.” Timo si tirò su, in piedi. “In tempo per cosa?! AH!” David venne trascinato da Timo. Iniziarono a correre a più non posso. Timo stringeva con presa ferrea il braccio di David, poi improvvisamente lo lasciò e corsero un accanto all’altro. A David, infatti, era sembrato strano che già alle cinque e mezza del pomeriggio le bancarelle se ne andavano in gran fretta e i negozi chiudevano, sbarrando le vetrine e le porte come se la città fosse stata infestata da zombie e cose del genere. La gente poi! Si rifugiava nelle case, chiudendo finestre e porte con mille lucchetti, da come aveva udito prima. Però non capiva il motivo di tutta quella paura della notte. Poi un pensiero gli balenò nella mente. “E se veramente ci fossero zombie? E se ci ritroviamo come nel film ‘Io Sono Leggenda’?” A David si fermò il cuore, ma continuò a correre dietro a Timo, che sembrava avere il sedere in fiamme per la velocità con cui correva! David faceva fatica a stargli dietro. In lontananza vide la strada sterrata e la casa di Timo in cima alla collina. Accellerò ancora di più, ma stava cominciando a cedere. Doveva non farci caso e continuare a correre.
In men che non si dica arrivarono alla casa. Timo saltò lo steccato, senza neanche aprire il cancello. David fece lo stesso. Per la fretta e la paura Timo non riusciva a trovare le chiavi di casa. Quando le ebbe tirate fuori dai pantaloni aprì la porta con le mani che gli tremavano. Prese David per un braccio e lo scaraventò dentro la casa, facendolo cadere a terra. Entrò anche Timo, sbattendo la porta dietro di sé e chiudendo le molteplici serrature. Finito di chiudere anche l’ultima appoggiò le mani sulla porta, immobile. David lo aveva guardato fin dall’inizio, steso a terra, con il fiatone e il cuore a mille. Alla fine Timo si girò. Si appoggiò pesantemente con la schiena contro la porta e scivolò fino a mettersi seduto. Piegò le gambe e appoggiò le braccia sopra le ginocchia. Abbassò il capo, chiuse gli occhi e riprese a respirare. Aveva un tremendo fiatone, miliardi di goccioline di sudore che gli scendevano dalla fronte. David deglutì. Era curioso di sapere cosa diavolo stava succedendo. “S-si può sapere…che sta succedendo?” Timo tirò su la testa e la fece ricadere all’indietro sulla porta. Dal movimento del pomo d’Adamo David constatò che aveva appena inghiottito. “E’ terribilmente sexy la sua gola…” Pensò David. “Sì. Scusami se non te l’ho mai detto in chat, ma è una cosa uscita poche settimane fa… Allora, avrai notato che alla destra del nostro paese c’è un bosco esteso, no?” David annuì. “Bene. Lì vivono tante specie protette e selvagge, come lupi, cervi, tassi, orsi e così via. Si è scoperto qualche settimana fa che gira un virus che colpisce i lupi. Questi escono fuori solamente di notte, per cibarsi. Però questo particolare è sempre stato così, perché di giorno ci sono gli umani che potrebbero ucciderli. Però è anche comune il fatto che aggrediscono le persone. Ora, se un lupo ha il virus e morde una persona, questa muore definitivamente. Se ti avvicini al cadere molto probabilmente verrai contagiato perché è un virus…micidiale, ecco.” “Per caso è la rabbia?” Chiese David. Timo storse il naso. “Mmh…una deformazione più pericolosa della rabbia. Però se il lupo è infetto non muore. Lui è solo un portatore di questa malattia…” Si fermò, poi aggiunse “Questi lupi stanno per la gran parte qui, nei boschi della Germania dell’est. Metti che su dieci lupi, due soli stanno nella Germania dell’ovest. I dottori hanno trovato subito il vaccino, però, da emeriti imbecilli, lo hanno portato prima dove non ce ne sono quasi per niente, cioè a ovest, e può darsi che qui i lupi non li verranno mai a curare, lasciandoci nelle mani del Signore! Solo perché l’ovest è disposto a pagarli una fracca di soldi!!!” Disse Timo arrabbiato. David abbassò il capo. Sospirò profondamente. “Se questa notte ne vedo uno che si aggira qui nei dintorni, te lo faccio vedere. Sono uno spettacolo meraviglioso, credimi!” Disse Timo guardando David. Questo alzò il capo e sorrise in direzione del tedesco. Timo si alzò in piedi con fatica e si diresse in cucina. “Vieni, ti va di fare cena?” “Mmmh…a me sì. Avrei una certa fame. A te?” “Se la fai tu la faccio pure io!” David rise. “Aaaaallora…tu di solito cosa mangi?” Chiese Timo aprendo uno sportello. Prese due scatole e le guardò, poi le rimise a posto frugando ancora nella credenza. David lo raggiunse. “Di tutto…” Mentì. Sì, perché il nostro bel norvegese era vegetariano. Non per sua scelta, però. Nel suo paese capita spesso, troppo spesso, che gli animali del bestiame siano malati e così la maggior parte degli abitanti in paesini poveri sono vegetariani per questo motivo, per evitare malattie e morte. A David piaceva fuor di modo la carne, ma oramai se l’avrebbe mangiata l’avrebbe fatto star male. Timo allora si girò verso David e lo guardò con un sopracciglio alzato. Poi puntò il dito indice verso David. “Tu…tu in chat mi avevi detto che eri vegetariano. E anche il motivo, che per altro è ben valido!” David si spiattellò una mano sulla fronte. “Oh! È vero. Non me ne ricordavo!” Timo rise. “Bèh, ti è andata bene… Perché anche io lo sono!” David spalancò gli occhi. Poi sorrise. Si avvicinò a Timo che stava ancora cercando dalla credenza. “Allora tu mangi anche macrobiotico?” Timo si girò verso David, con le mani ancora nella credenza che trafficavano per trovare qualcosa. “Io mangio solo macrobiotico, caro David.” Si girò di nuovo verso la credenza. “Quindi anche a te piace?” David annuì. Alla fine Timo spalancò gli occhi e tirò fuori le mani. “Aaahh! Eccoli! Ti piacciono i pasticci ripieni di riso e…verdure?” Disse leggendo dal pacco poi sollevandoli a mezz’aria guardando David. “Sììì, li adoro!” Disse David entusiasta. “Ok, Allora stasera si mangiano pasticci e…uh! Puoi vedere se nel frigo c’è la vaschetta del gelato?” David annuì mentre Timo stava andando ai fornelli. Aprì il frigo. “Ehmmm…quello macrobiotico o quello normale?” Chiese David incerto. Timo gli rispose con la testa in una credenza piccolina a rasoterra “A te quale piace?” “Sinceramente? A me quello macrobiotico fa venire il voltastomaco!” “Ah! Bèh, allora vada per quello normale!” David prese la vaschetta e richiuse il frigo. Era congelata e metterla fuori gli sarebbe servito a farla scongelare un poco! Tirò fuori la tovaglia. Timo ancora stava con la testa nella credenzina e ogni tanto muoveva il sedere come se ci fosse rimasto incastrato. David si soffermò su quel particolare. A parte il fatto che gli piaceva il sedere di Timo seminascosto dai larghi pantaloni, però era così buffo quando lo muoveva in quel modo! Cercò di non scoppiare a ridere, così, per tenere la mente impegnata per non pensare al sedere di Timo che si contorceva, cominciò ad apparecchiare. Finito di apparecchiare si mise seduto e fissò ancora Timo. “Ma che diavolo dovrà fare?!” Pensò David. “Eeehmm… D-David? Hai finito di apparecchiare?” Chiese Timo ancora in quella posizione. “Mmh…sì!” “Sei spiccio ora?” “Sì, perché?” “Ecco. Vedi…m-mi verresti a darmi una mano?” David a quella richiesta pensò a molti significati, e ad uno ne rimase scandalizzato. “In che senso?” Chiese per sicurezza. “Nel senso che sarei rimasto un po’ incastrato e…mi manca l’aria. Puoi tirarmi fuori?” “Oh!” Esclamò David capendo solo in quel momento il significato. Si tirò su in fretta e corse verso Timo. Quando si trovò davanti al culo del tedesco fece per prenderlo per i fianchi per poterlo tirare. Gli venne in mente un pensiero alquanto sconcio, così ritirò subito le mani e se le mise davanti alla bocca. “Madò che pervertito che sono!!!” Si alzò sulla punta dei piedi e guardò oltre il sedere. Alzò l’indice e fece per parlare, poi ritornò come prima, battendo con l’indice sul suo mento e arricciò le labbra. Fece spallucce e pensò “Tu guarda uno che deve fare per tirare fuori un amico da una credenza! Però lo devo fare perché è l’unico modo…” Allungò le mani a denti stretti e le posò sui fianchi di Timo. Quest’ultimo, a quel contatto su quel posto, si bloccò e cominciò a fantasticare. David si avvicinò ancora un po’ di più al sedere di Timo con il bacino, non troppo però, si piegò all’indietro e cominciò a tirare. Dopo un po’ cadde all’indietro, lungo per terra a pancia in su. Si ritrovò sopra Timo, che lo guardava. “Gr-grazie, Dave…” Disse Timo guardando ancora gli occhi del moretto. David annuì. “Ehmmm…ti potresti però tirare su ora?” Chiese David indicando con il dito indice il busto di Timo appoggiato sul suo. Dovette presto ammettere che si era eccitato un po’ sotto al tedesco. Anche lui era eterosessuale, però stare con uno come Timo non gli dispiaceva affatto. Così Timo si alzò e corse ai fornelli. David si rialzò subito e, avvicinandosi a Timo, tossicchiò un po’. “Ti…devo dare una mano a preparare qualcosa oppure hai i panni da stendere o da raccogliere…” Timo guardò David con un sopracciglio alzato, sforzandosi di non ridere. “Ma perché ‘sto poro figlio non si ricorda mai di nulla?!” Pensò Timo. “Ehmm…ci sono i lupi là fuori, David. Non ti manderei comunque a raccogliere o a stendere i panni adesso. Comunque no, devo solo cucinare…” E gli sorrise a quarantotto denti. Anche David sorrise. Gli rivenne in mente come lo aveva chiamato prima Timo. ‘Dave…’ “E-ehi, ma…com’è che mi hai chiamato prima?” Chiese allora David. Non che non si ricordasse, ma gli piaceva risentirlo quel nomignolo. A quel punto Timo si bloccò e guardò un punto avanti a sé. Poi storse il naso, si girò verso David e disse “Mi sembra Dave… N-non ti piace? Se vuoi non ti ci chiamo più…” “Nonno! Altrochè se mi piace! Mi ci puoi chiamare quando vuoi.” A Timo ritornò il sorriso sulle labbra. “Ah, ok allora…Dave!” Risero.
Si misero a tavola uno di fronte all’altro. In mezzo: una pentola con quattro pasticci fumanti, una bottiglia d’acqua e un po’ di fette di pane integrale. Mangiarono in silenzio. Poi Timo osò tirare fuori l’argomento ragazze. “Ehi Dave, tu sei fidanzato?” Questo alzò il capo dal piatto con la forchetta a mezz’aria e la bocca semiaperta. Poi posò la forchetta nel piatto e si pulì la bocca con il tovagliolo. Ritornò a guardare Timo. “No. In verità non lo sono mai stato… E tu?” Timo storse ancora il naso. “Fidanzato per me è una parola ancora troppo grossa. Diamine, ho solo diciassette anni!!!” Disse gesticolando. David trovava bello il tanto gesticolare di Timo. Lo faceva sentire a suo agio perché con il gesticolare capiva meglio ciò che provava. “Già! Di solito i ragazzi a quest’età sono ancora bambini. Però, come in ogni argomento, c’è sempre l’eccezione. Già a quindici, sedici anni alcuni ragazzi si trovano una fidanzata diversa ogni due settimane e pensano a storie serie…ma ho capito che questo non è il tuo caso.” “Giusto! E…a te piacerebbe avere una storia seria?” David ci pensò assottigliando gli occhi e guardando il soffitto. “Mmmh…non lo so. Mi piacerebbe stare con una ragazza perché mi piacerebbe provare quell’affetto che solo loro ti sanno dare. Poi le cose vengono da sole, no?” “Già…” “E quindi te sei fidanzato. Da quanto?” “Mmmh…un anno e mezzo circa!” “Cavolo, molto quindi! E, se posso chiedere…è una storia seria?” “Diciamo che lei crede che sia una storia seria. Per me noi due ci frequentiamo e basta. Però…cioè, come te lo posso dire…” Disse Timo grattandosi il collo. Le sue guance avevano assunto un colorito rosso. Allora David gli diede una mano “Fate l’amore?” Timo battè un colpo con le mani. “Sì, è quello che volevo dirti!” David rise. “E’ un discorso imbarazzante per te?” Chiese il moro. “Ehmm…no. Volevo arrivare proprio a questo per poter parlare da uomo a uomo. Allora…io con questa ci ho perso pure la verginità, mentre lei l’ha persa mooolto prima. Ah, lei ha quattro anni più di me.” Disse Timo come se fosse una cosa ovvia e abbastanza normale. “Quanti? Quattro?! Timo caro, ci vai giù pesante!!!” “Lo so! E lei…mi sottomette! È questo che mi da fastidio. Fa sesso da quando aveva quattordici anni e…mi costringe a farlo senza preservativo, capisci?” L’ultima frase la disse sottovoce come se lo potesse sentire qualcuno. “E…e io non ci tengo ad avere un figlio a diciassette anni. Ma neanche dopo i venticinque! Lei non mi piace più di tanto, però…serve al nostro gruppo.” “E…perché al vostro gruppo?” “Perché lei è la nipote del capo della nostra casa discografica. E quando stavo insieme a lei abbiamo firmato il contratto e lei era insieme a noi nel momento in cui abbiamo messo la firma, quindi lo zio è venuto a sapere solo in quel momento che ci frequentavamo e sappiamo quanto tiene alla sua nipotina. Se la lascio, perdiamo tutto! Me lo ha detto lui.” “Ma questo è un ricatto bello e buono!” “Lo so, ma può farlo. E poi, David, con lei non si chiama ‘fare l’amore’. È scopare e basta, senza alcun sentimento!” “Ma te, quando lo fai, non…esci fuori da lei prima di…” “Venire?” “Giusto, venire. Allora?” “Mmmh…sì, ma la minor parte delle volte. Le volte in cui lei dopo mi fa una ramanzina!” “Ma allora come fa a non rimanere incinta così?” “Bèh, prende la pillola del giorno dopo. È frustrante parlare di questo per te, vero? L’ho capito perché sei un po’ rosso sulle guance…” David si passò una mano sulle guance, poi sorrise. Alzò le spalle e disse “Naaa, non m’importa. Alla fine questi discorsi servono a qualche cosa, no?” “Già…” Timo voleva chiedergli anche se lui aveva mai provato qualcosa per una persona del suo stesso sesso, ma non ne ebbe il coraggio, così quel dubbio gli rimase nella testa. “Ora mi sento meglio, grazie! Gelato?” Disse prendendo la vaschetta. David annuì e sorrise. Mangiarono in silenzio, poi si stesero sul divano. “Una domanda…come mai non hai mai avuto una ragazza? Cioè, ne avrai frequentata almeno una, no?” Chiese Timo guardando David in volto. Questo, invece, sembrava voler schivare a tutti i costi lo sguardo del tedesco. “No, non sono stato mai con nessuna ragazza, fidanzato intendo. Però ne ho frequentate due o tre, ma nessuna di loro mi faceva sentire a mio agio…” “E…come mai?” “Bèh…ecco…erano troppo diverse da me. Sempre a pensare al trucco e sempre a guardarsi le unghie. Uscivano sempre a fare compere invece di stare con me. Ma quello che mi dava più fastidio era il loro gusto in fatto musicale. Ascoltavano tutte l’house! E si permettevano anche di criticare la mia musica classica e di sbeffeggiare gli indiani! A me piace una ragazza semplice, che ami stare tra la natura o che gli piaccia correre tra i campi… Ma di questi tempi ne trovi ben poche così!” “Già! E…quando hai dato il tuo primo bacio, se posso chiedere?” “Non l’ho dato.” La faccia di Timo dovrebbe essere stata una cosa tipo questa: O_ò. Buffa no? “V-veramente?” “Già. E tu quando l’hai dato? E come è stata la tua prima volta? Non vorrei sembrare impertinente, se vuoi puoi non rispondermi!” “Non preoccuparti, tranquillo! Allora…il primo bacio a quattordici anni. Poi non è che è stato subito un bacio a stampo, ma una pomiciata, ecco! Oddio che discorsi!” Disse Timo coprendosi il volto con le mani. “Oh, se vuoi puoi fermarti.” “No, no. È che mi fa ridere! Poi…ripensando alla mia prima volta mi viene…rabbia…e nausea. Non volevo di sicuro farlo con Jennifer, la nipote del capo. L’unica consolazione è che non lo facciamo tutti i giorni!” David rise. “Mi puoi descrivere questa Jennifer?” “Oh, bèh…è bassetta, magra, ha i capelli biondi e gli occhi azzurri. È una di quelle che non piacciono a te!” David rise. “Poi…è presuntuosa e…sai le cheerleader americane? Uguale! Ecco la descrizione di Jennifer. A parte che la vedrai domani, alle prove. Viene anche lei.” “Oh, ok.” Disse David sorridendo. Timo sbadigliò, portandosi una mano davanti alla bocca e stiracchiando le braccia. “Hai sonno?” Gli chiese David. “Un po’. Te?” “Anche io. Non è neanche tanto tardi. Sono appena le dieci. Andiamo a dormire?” “Se vuoi, sennò restiamo qui.” “Visto che sei stanco andiamo a letto. Tanto io mi addormenterò subito!” Timo rise dolcemente. “Il viaggio ti ha stancato, vero?” Glielo chiese come un amico affettuosissimo. David annuì. Allora Timo si alzò e fece un segno con il capo di andare di sopra. Salirono le scale ed entrarono nelle camere, dandosi la buona notte. David “Mammamia che dolce che è! Non avrei desiderato nulla di meglio. E poi è così buffo e ha un buon senso dell’umorismo. Questo posto lo adoro! È così accogliente sia la casa di Timo sia il villaggio… Però casa mia mi manca un sacco. Mammina mia, ti vorrei qui accanto. Jeg bare gjor det for mitt eget beste, for a laere sprak, til Grim arbeid. A redde familien. God natt…”
Timo “Che bel ragazzo che è… No, sono etero cazzo!!! Però è un po’ distratto, con la testa fra le nuvole…e un po’ affemminato, devo dirlo! E’ fantastico! Vabbè, dai. Ho sonno e voglio dormire. Notte!”

“Dave…Dave, svegliati!!!” Sentì sibilato nell’orecchio. Si svegliò, quasi sobbalzando. “Eh? Che c’è?” Chiese David guardandosi intorno. Vide Timo che gli teneva una mano sulla spalla e gli sorrideva. Si portò l’indice alle labbra “Ssshh…” E con lo stesso indice indicò la finestra. David, confuso, guardò nella direzione indicatagli da Timo. La luna lo abbagliò. Era bellissima, tonda come un biscotto. Si alzò dal letto per vedere meglio. Si accostò piano al vetro e vide di sotto, in giardino. Timo lo seguì e si mise dietro di lui. David rimase incantato da ciò che vide: due lupi, uno bianco, l’altro grigio e nero, si aggiravano nel giardino di Timo, annusando l’aria furtivi. Uno ululò. David sobbalzò ancora una volta. “Non sono bellissimi? Sono i miei animali preferiti…” Disse Timo da dietro di David. Questo annuì, senza voltarsi ne dire una parola. “Ritorno a dormire. Spero che ti abbia fatto piacere vederli…” Timo fece per andarsene, ma David lo fermò con una sola parola “Grazie…” Timo si voltò verso di lui. Gli fece un sorrise talmente dolce da far sciogliere David come burro su una pentola calda e se ne ritornò in camera sua, chiudendo piano la porta. David restò ad ammirare i lupi finché non svanirono di nuovo dietro la collina, portando con loro anche i sogni che David stava creando nella sua mente, facendolo ritornare alla realtà.
 
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davidina95
view post Posted on 30/7/2010, 15:33




Stupenda l'ultima parte ^_^ mi piace che ci sia del tenero fra Timo e David , non vedo l'ora di conoscere il continuo =) spero che questa Jennifer non mi sfrutti più Timo , poverinooo >____<
 
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lalla1595
view post Posted on 30/7/2010, 16:34




Eheh ;)! Ho molte idee per la testa e...insomma, provo a scriverle tutte xD Ora però vorrei scrivere due o tre capitoli di fila e mi ci vorrà un mesetto buono, perchè non è la sola storia che sto scrivendo e l'altra l'ho un pò lasciata indietro...ma è anche per riorganizzare un pò queste idee :) poi questi tre capitoli li posterò in tre settimane, penso...
 
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davidina95
view post Posted on 30/7/2010, 20:11




Ok ^_^ ci affidiamo a te =)
 
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lalla1595
view post Posted on 1/9/2010, 14:36




Allora, ecco a voi un altro capitolo fresco fresco. Dimenticavo, il prossimo capitolo potrà andare un pò alla lunga perchè domani partirò con la scuola e tornerò fra dieci giorni. Non ho mantenuto la mia promessa di scrivere due capitoli e di postarli in due settimane a causa di impegni vari e quindi mi scuso. Ma bando alle ciance: ecco il nuovo capitolo!

CAPITOLO 3

Il mattino dopo David si svegliò con lo stomaco sottosopra. La prima cosa che fece fu portarsi una mano alla pancia. Aprì gli occhi. La stanza era buia a causa della finestra chiusa, da cui trapelavano alcuni raggi pigri del sole mattutino. Si guardò intorno, poi fece ricadere la testa sul cuscino. Si portò faticosamente una mano sulla fronte. Quella notte non era stata particolarmente calda. Dopotutto la Germania è un paese del nord, la notte anche a giugno è fresca. Però sentì freddo sulla schiena. Si alzò a sedere e si portò una mano sotto il pigiama di cotone. La schiena e anche la maglietta erano completamente bagnati. Si appoggiò alla testata del letto, cercando di ricordare quale strano sogno aveva fatto quella notte. Di solito sudava così tanto quando faceva gli incubi e quella notte non aveva sudato certamente per il ‘caldo’ che non c’era stato. Lasciò una mano a massaggiarsi la pancia piatta. Nel frattempo che pensava si tolse la maglietta, rimanendo a torso nudo. Le coperte gli coprivano fino al bacino. Poi un flash gli passò in mente. Era stato così violento il passaggio del ricordo di quel sogno che gli era sembrato per un momento che stesse accadendo davanti ai suoi occhi. Il cuore cominciò a battergli velocemente, il respiro gli si fece pesante. Ora si ricordava perfettamente. Aveva sognato il suo villaggio in fiamme. La sua famiglia sterminata dal fuoco e lui restava a guardare la scena, impotente. Una lacrima gli scese silenziosa sulla guancia. Non era strano che facesse sogni del genere. Non era, cioè, la prima volta che gli capitava di fare un sogno simile. Aveva paura che sarebbe accaduto anche al suo paesino come stava succedendo agli altri comuni vicini a causa di piromani e zingari. Scosse la testa facendo finire alcuni ciuffi dei lunghi capelli davanti al viso, si alzò dal letto e aprì la finestra. Erano appena le otto di mattina. Lui era sempre stato un mattiniero. Si spogliò anche dei pantaloni del pigiama, piegò il tutto e lo infilò sotto il cuscino. Stava per infilarsi i jeans quando si accorse di avere anche le mutande bagnate. “Cavolo!” Esclamò a bassa voce. Fece un lungo sospiro. Era da tempo che non si masturbava e quella sera, proprio a casa di Timo, ne aveva subito le conseguenze. “Ma non mi poteva capitare due giorni fa a casa mia?! No! Proprio a casa di Timo!!! Fuck!” Non gli andava di correre in bagno mezzo nudo. Non si era mica pisciato sotto! In fondo si sarebbero asciugate in fretta. Con questo pensiero alzò le spalle e si infilò i jenas. Cercò di tirarsi il più giù possibile il cavallo dei jeans per non farlo inumidire dalla venuta. Si infilò una maglietta a maniche corte, un po’ più larga di quella che indossava il giorno precedente, nera con un disegno di un dragone sul davanti. L’aveva comprata in un negozio di cinesi nel suo paese prima di partire. Adorava quelle fantasie un po’ da metallari! Uscì dalla sua camera richiudendo dietro di sé la porta piano. Zampettò lungo il corridoio cercando di non fare rumore. Osservò che la camera di Timo era ancora chiusa, quindi ancora dormiva…oppure si faceva i cavoli propri, pensò David. “Più intelligentemente di me che mi sono venuto sopra!!!” In quel momento si spalancò la porta della camera di Timo. David si pietrificò. Timo era con una mano sulla maniglia della porta e l’altra a grattarsi il collo, sonnecchiando. “Oh! Buongiorno Dave! Siamo mattinieri, eh!” Esclamò Timo. David cercò di parlare, ma non ci riuscì. Cosa avrebbe pensato nella sua testolina Timo? Lo aveva trovato davanti alla sua camera, fermo. David stava solo pensando, ma questo Timo non lo sapeva. Questo si sporse un po’ in avanti piegando la schiena e guardò David fisso negli occhi. Poi gli passò più volte una mano davanti al viso. David scosse impercettibilmente la testa e ritornò in sé. “Scusami se ti ho svegliato! Non mi volevo fermare proprio davanti alla camera tua, ma mi è venuto un pensiero talmente importante in testa da farmi bloccare…proprio davanti alla tua camera…” Cercò di spiegare David. Timo ancora lo guardava. “Io non ho chiesto perché stavi proprio davanti alla mia camera. In effetti non mi importava, perché forse stavi camminando proprio quando ho aperto la porta, oppure ti eri fermato a pensare, come hai detto tu, oppure…stavi origliando…” Disse Timo sorridendo e assottigliando gli occhi, avvicinandosi ancora di più al viso di David, questa volta con tutto il corpo. “Oh, nononono, non stavo assolutamente origliando, ti giuro!” Esclamò David mettendosi davanti le mani e agitandole freneticamente. Timo scoppiò a ridere. David lo guardò allibito. “Non ho capito cosa ci trovi di tanto divertente in questa situazione tanto imbarazzante per me!” Esclamò David con le guance rosse per l’imbarazzo. “Ahahahah! Ti credo sulla parola, David. Non mi sembri affatto un pervertito. È che sei così carino quando arrossisci!!!” Timo continuò a ridere per un po’, poi smise di ridere a poco a poco, resosi conto di quello che aveva appena detto. “Volevo dire…sei così buffo, insomma…fai ridere, Dave!” Disse cercando di rimediare. Però la frase vera era la prima e in cuor suo, Timo lo sapeva benissimo. “Oh, grazie eh!” Disse David. “Allora io sarei buffo quando mi imbarazzo perché sembro un pervertito che origlia alla porta del ragazzo che lo ospita?” “Ah! L’hai detto! Stavi origliando!!!” Disse Timo puntando l’indice verso David. Scoppiò di nuovo a ridere in una fragorosa risata, tenendosi una mano sulla pancia. “Ho detto ‘sembro’!!! Eppure mi sembra di averlo detto bene in tedesco! Sembro, non sono!!!” Disse incerto e anche un po’ esasperato. David sospirò. “Oddi, og exasperating!” Esclamò in norvegese. “Che?” Chiese Timo con le lacrime agli occhi. “Ho detto ‘Oddio, è esasperante!’!!!” Timo rise ancora più forte. Si calmò poco dopo. “Maria, che risata che mi sono fatto! Sai, David? Mi ci trovo molto bene con te!” “Sono contento!” Disse David sorridendo. Timo gli diede una pacca vigorosa sulla spalla. David cercò di sorridere, ma gli uscì una smorfia di dolore. “Andiamo a fare colazione! Ti va di andare al bar? Tanto il barista non fa pagare più di tanto, sono molto economici. Per una pasta alla crema o alla cioccolata e un cappuccino puoi portarti due euro e cinquanta centesimi.” David annuì e corse a prenderli in camera, nella borsa a tracolla dove c’era il portafoglio. Uscì dalla camera, si girò verso la porta per chiuderla e quando si girò verso il corridoio si trovò Timo davanti che lo guardava. David per lo spavento si appiattì con la schiena contro la porta della sua camera, ma senza farlo notare più di tanto. Gli stava fin troppo vicino, pensò. Timo si avvicinò al collo di David. Questo scostò di lato la testa e strinse i denti. Non seppe bene il motivo, ma lo fece. Smise di respirare e guardò il soffitto. A quel punto Timo scostò con l’indice della mano sinistra un ciuffo di capelli che era finito sopra il collo del norvegese. Ora capiva il motivo del suo irrigidimento. Essere toccato o anche solo stare troppo vicino a Timo lo faceva sentire a disagio: il cuore cominciava a battergli, cominciava a tremare un poco e respirava a fatica. Anche le parole gli rimanevano bloccate in gola. “Perché sai così rigido, Dave. Mmmh…hai un così buon profumo…” Disse Timo annusandogli il collo. David poteva sentire il fiato di Timo solleticargli un punto del collo. Poi si alzò su di scatto e, guardandolo, gli chiese “Che fragranza è?” “Come? Me lo puoi dire più semplice? N-non ho capito…” “Ah, ehm…che marca è il tuo profumo?” Gli disse Timo sillabandogli ogni parola e toccandosi il collo. David rimase un attimo con lo sguardo fisso sul terreno. Poi si annusò la maglia e disse “Oh, niente profumo. È il mio naturale o…bagnoschiuma!” Timo sorrise. “Capito. Bene, ci incamminiamo verso il bar?” David annuì silenziosamente. Era rimasto un po’ scioccato da ciò che aveva fatto Timo.
Però ne era rimasto scioccato positivamente.
Uscirono di casa, inchiavando, e si incamminarono giù per il sentiero imbrecciato. Stavano tutti e due in silenzio, con le mani nelle tasche. David camminava poco più avanti di Timo. A quest’ultimo andarono gli occhi sul fondoschiena di David. “Perché porta i jeans così calati? Però! Che bel sedere!” Pensò. Si diede i pugni mentalmente poco dopo. “Ehi, Dave. Ti serve una cinta?” Scappò detto a Timo. Questo si tappò la bocca, ma David non lo notò. Il norvegese arrossì di brutto. “Fortuna che non mi vede il viso… Però mi vede il deretano!!!” “Eeehmmm… No grazie, ne ho due in valigia…solo che oggi ho scordato di metterla…” Cercò di sviare. “Ah, ok.” Disse Timo tirando un sospiro di sollievo.
Arrivarono al bar. Si misero seduti ai tavolini che stavano nell’edificio e ordinarono la colazione. Cominciarono a mangiare tranquilli, finché Timo non notò David che si muoveva impercettibilmente sul posto, nervoso. “Ehi, David, cos’hai?” Chiese Timo con in bocca un pezzo di croissant alla nutella, masticandolo. David arrossì ancora di colpo. “Oh! N-niente, Timo.” Disse sorseggiando del tè caldo dalla sua tazzina guardandosi intorno cercando di sembrare il più indifferente possibile. Timo storse il naso poco convinto. Alzò le spalle. David cominciava ad avere un erezione, e neanche tanto innocua, e sarebbe venuto a momenti. Poggiò la tazza sul tavolo cercando di stare calmo. Però, non appena il fondo della tazza toccò la superficie liscia del tavolo, si alzò su di scatto e corse al bagno. Timo rimase con i gomiti appoggiati al tavolo e tra le mani il croissant che stava giusto mordendo quando David si era alzato e lo aveva lasciato un po’ interdetto. Restò con lo sguardo fisso, poi sbatté le palpebre ripetutamente e staccò un pezzo di croissant e, masticando, si girò verso la porta del bagno. “Lo dicevo io che aveva qualcosa!” Disse come se stesse parlando con un’altra persona.
Intanto David si era chiuso in una cabina del bagno e si strofinava ripetutamente la mano sui pantaloni. Più che sollievo si accorse che stava cominciando a dargli bruciore. Oltre che allo strofinare della mano c’erano le mutande a dargli fastidio. Stava appoggiato ad uno dei tre muri stretti della cabina e con le gambe leggermente divaricate. Allora strinse il cavallo dei pantaloni e prese a strofinare insistentemente e con più forza. Appoggiò la testa al muro e i capelli gli scesero sulle spalle. “Mannaggia! Perché proprio ora?” Pensò. “Sarà qualcosa che ho mangiato ieri sera…ma è quello che mangio anche in Norvegia e non mi ha fatto mai nulla!!! Eppure non ho visto nessuna bella ragazza nel bar o per strada…forse…” E il suo pensiero si fermò su una cosa che non avrebbe mai creduto che gli avrebbe fatto quell’effetto. “Sarà il cane che ho visto prima sul sentiero imbrecciato? Ma no!” E la sua mente si spostò su Timo. David sgranò gli occhi all’idea che Timo potesse fargli un effetto del genere. Ritornò con i piedi per terra. A farlo ritornare alla realtà era stata la preoccupazione di non riuscire a venire. Si slacciò i pantaloni e se li tirò giù, fino alle ginocchia, insieme alle mutande. A quel punto qualcono bussò alla sua cabina. Si bloccò di colpo. “Dave? Ci sei tu? Stai bene? Devo…” “Posso entrare?” Pensò Timo. In realtà Timo sapeva cosa stesse succedendo a David. Ci era arrivato poco dopo la sparizione del norvegese nel bagno. In fondo era capitato anche a lui qualche anno prima, quand’era ancora un verginello che non sapeva nulla del sesso e pensava ancora che i bambini li portavano le cicogne. “Devo chiamare qualcuno?” Disse infine. David si affrettò a dire “No! No, tranquillo. Sto benissimo, è solo che mi hanno chiamato i miei dalla Norvegia e sono corso qui per rispondere. Fr-fra poco arrivo, Timo.” “Vabbè. Ti aspetto là.” “Ok, grazie.” Sentì Timo uscire e tirò un sospiro di sollievo. Si mise dinnanzi il water per non sporcare.
Timo si sedette al tavolino e attese per altri tre minuti, sorseggiando il cappuccino che ancora doveva terminare. Poco dopo arrivò David con il fiatone. “Oh, eccoti! Allora? Cosa hanno detto i tuoi?” Chiese Timo sorridendo. David si portò una mano dietro il collo e prese un ciuffo nero, arrotolandoselo sulle dita. Sembrava incerto o nervoso. “Oh! Bèh…gli ho raccontato un po’ di te, del posto e di ciò che abbiamo fatto ieri. Però non ho raccontato loro dei lupi. Si preoccuperebbero per nulla!” Disse facendo un gesto con la mano. Timo sorrise. Sapeva che stava mentendo, però non voleva darlo a vedere a David. Poi si alzò e, prendendo le tazze con i piattini per dolci, disse “Vado a portarli al bancone e pago il conto.” Fece per girarsi quando David lo afferrò per un braccio. Il cuore di Timo perse un battito al contatto fisico. “Aspetta! Quanto devo darti? Allora vengo anch’io con te per pagare, no? Così non ti imbrogli con i miei e i tuoi soldi..” Disse David. Timo si girò e guardandolo negli occhi disse “Offro io, Dave!” Questo boccheggiò lasciando la presa su Timo. Cercò di raggiungerlo, ma la prima cosa che Timo fece invece di poggiare le tazze e i piattini sul bancone fu pagare il conto. David schioccò le dita “Accidenti! Perché fa così?” Pensò. Timo ritornò tutto soddisfatto. David si affrettò a dire “Quanto devo…” Schioccò le dita più volte. Non gli usciva la parola esatta in tedesco. “Ridarmi, dici? Non devi ridarmi nulla! È una cavolata, dai Dave!” “Come ‘dai’? Dammi lo scontrino, su!” Timo fece un sorriso beffardo e, girando le spalle a David, uscì dal bar. David lo raggiunse camminando a passo spedito. “Eddai, Timo!” Gli prese la mano, se la rigirò così da mettere il palmo all’insù, e gli fece aprire le dita. Ma Timo le richiuse a pugno prima che David potesse mettergli i soldi nella mano. Timo si divincolò e con facilità tolse la mano dalla stretta di David. Gli fece la linguaccia e gli disse “Non sono neanche esatti. Tanto lo scontrino non te lo do!!!” E si mise a correre su per la strada imbrecciata. Anche David cominciò a correre. Lo raggiunse e, appena gli fu dietro, gli allargò una tasca dei pantaloni che si trovava sul sedere, e gli prese lo scontrino. Lesse e mise i soldi e lo scontrino nella tasca. Timo si girò di colpo e disse “Dai, Dave. È una sciapata! E poi hai pagato il viaggio, mi fai le pulizie, ti paghi i libri e i dizionari…” “E tu mi passi a mangiare e mi aiuti nelle pulizie! Tieni questi soldi altrimenti te li infilo in bocca!” Timo scoppiò in una fragorosa risata seguito da David. Senza preavviso e con una mossa fulminea David ne approfittò e mise i soldi incartati nello scontrino nella tasca davanti dei pantaloni di Timo. Questo sobbalzò appena sentì la mano di David nella sua tasca. Sempre sorridendo li ritirò fuori e prese un braccio di David con tutte e due le mani e cercò di mettergli i soldi nella mano aperta. David prese la braccia di Timo e, per puro caso, tutti e due si strattonarono a vicenda così da avvicinarsi pericolosamente. I loro bacini si attaccarono come due calamite e così anche i loro busti. David tendeva a stare piegato all’indietro con la schiena, come se stesse cadendo, ma le mani di Timo gli stringevano forte gli avambracci. Entrambi si bloccarono. Timo guardava David. Questo, con vari ciuffi davanti agli occhi, sembrava sconvolto. Aveva il fiatone e il suo sguardo saettava dalle labbra agli occhi marroni di Timo. “Sono così profondi…” Pensò tra mente sua. Insieme fecero un balzo all’indietro così da staccarsi definitivamente e andare a un metro di distanza l’uno dall’altro. Timo guardò il cielo grattandosi una guancia. David, invece, portò le mani nelle tasche dietro dei jeans e abbassò lo sguardo. Infine il moro disse con lo sguardo basso “Tieni quei soldi e non discutere.” Timo sospirò. Aprì la mano e li guardò. Poi alzò la testa guardando David e sorrise. Gli andò vicino e gli schioccò un bacio sulla guancia. David trasalì alzando lo sguardo quasi si fosse impaurito. O forse si era solo stupito del gesto del tedesco. Arrossì. Timo poté ammirare gli occhi lapislazzuli di David brillare e le guance rosse che spiccavano sul fondo bianco della pelle. Il tedesco sorrise e cominciò a correre. Voleva fuggire da ciò che aveva appena fatto. Non avrebbe dovuto farlo, ma lo voleva e l’istinto lo aveva portato a fare quella puttanata. David invece ne era rimasto meravigliato e allo stesso tempo felice. Così cominciò a rincorrere Timo che rideva, apparentemente davanti a lui. Arrivarono alla casa. David saltò lo steccato dopo di Timo. Questo aprì velocemente le porta e, entrato nella casa, gridò saltellando “Primo! Ti ho fregato Dave!!!” David rise vedendo Timo fare così. Salì i quattro scalini che lo separavano dalla porta, si piegò e portò entrambe le mani sulle ginocchia, per appoggiarsi. Aveva il fiatone. Alzò la testa e guardò Timo. Si sorrisero. Appoggiò una mano sullo stipite della porta ed entrò zoppicando. Timo chiuse la porta ridendo. Poi, rivolgendosi con il corpo e lo sguardo a David, batté una volta le mani e se le strofinò. “Bene! E ora che facciamo? Abbiamo da fare pulizie, compiti per la scuola oppure…oziare! Quale scegli? Io ti dico che preferisco più di tutte oziare!” Esclamò Timo. David rise. Si erano seduti sul divano uno vicino all’altro. David alzò il capo e con gli occhi assottigliati guardava il soffitto, pensoso. “Bèh…penso che ora non si possa proprio oziare. A guardare questa casa c’è un po’ di polvere… Potremmo provare a pulirla tutta, tanto è piccolina e in due si può fare!” Disse guardando Timo con due occhi grandi grandi. Timo era rimasto interdetto, con una smorfia in volto. “Dici tutta la casa?” Pigolò. David annuì. “Così faremmo trovare ai tuoi amici la casa pulita e accogliente.” Disse David. Timo si ritrasse ridendo e fece un gesto con la mano come per dire ‘ma và, và!’. “Ma sai che gliene può fregare a quelli. Sono più porci di me anche se vivono in una famiglia insieme ai loro genitori!” “Vabbè, almeno se lo facciamo oggi non dovremmo farlo un altro giorno…” Disse David a sguardo basso torturandosi le mani e mordendosi un lato del labbro inferiore. Era un po’agitato per l’incontro di quel pomeriggio con gli amici di Timo. Avrebbe fatto loro buona impressione? Oppure si sarebbe creato dei ‘nemici’ già la prima settimana? “Sai? Hai ragione! Aspettami qui, vado a prendere il materiale e ad accendere la radio…” E corse via. “A che ti serve la radio, Timo?” Gridò David alzandosi sulle punte come se potesse vederlo e inclinando un po’ la schiena e il capo tenendosi in equilibrio con le braccia leggermente alzate dai fianchi. Partì una musica metal. Le orecchie di David si tesero al massimo e, ascoltando, si disse che il gruppo che suonava non era niente male. Timo ritornò con due pannelle sulle spalle, straccio, scopa e secchio nella mano destra e aspirapolvere, stracci vari e spruzzetti per le varie superfici nella sinistra. Il secchio era pieno a metà di acqua e immerso nell’acqua c’era il contenitore del liquido per pulire il pavimento con lo straccio. David sbuffò una risata e scosse la testa. gli corse incontro e gli prese un po’ di attrezzature dalle mani per aiutarlo. Timo gli sorrise “Grazie…” David gli fece l’occhiolino di rimando. Appoggiarono il tutto a terra. “Come si chiama questo gruppo? La loro lingua non la conosco…” Chiese David curioso. “Oh! Sono gli Eluveitie. Sono un gruppo svizzero, ma cantano in una lingua celtica estinta che prima si parlava nelle zone dove ora si parla il tedesco. Infatti, se ascolti bene, un po’ gli assomiglia…” David allungò il collo nella direzione del suono, poi storse il naso e disse “Non riesco a distinguere bene…” Timo sorrise. “Diamoci da fare, Dave!” Questo annuì. Prese una pannella dalle mani di Timo, la indossò e legò il laccio dietro la schiena. Prese un elastico dal polso sinistro che usò per legare in una coda di cavallo i lunghi capelli. Timo guardò David per un istante e si accorse di una collana che il moro aveva al collo. Il ciondolo era meraviglioso: un involucro di metallo lucente racchiudeva una pietra azzurra con sfumature blu. L’involucro lasciava intravedere la pietra per metà, come se fosse stato la corolla che racchiude i petali di un fiore prima che sbocciasse. Non l’aveva mai notata prima, forse perché gli era uscita dalla maglia o forse perché i lunghi capelli neri la coprivano. David si abbassò per tirare fuori il contenitore del sapone per pavimento dal secchio pieno d’acqua. Non si era accorto dello sguardo di Timo, così questo ne approfittò per guardarlo ancora per un po’. Il ciondolo dondolava dal collo di David, così lo prese e se lo infilò nella maglia, forse perché gli dava fastidio, pensò Timo. Le gambe erano dritte come manichi di scopa, quindi solo la schiena si era piegata per prendere il contenitore, ma David alla fine si inginocchiò per terra per poi tirare fuori il contenitore bagnato, asciugarlo con la pannella di stoffa e aprire il tappo per versarne il contenuto. “Assomiglia a Cenerentola…con i capelli neri!” Pensò Timo. Gli scappò un risolino. David con una mano mescolò l’acqua e il sapone e ci intinse lo straccio. Si tirò su con lo sguardo fisso sul secchio, poi rivolse la sua attenzione a Timo. “Ok, lasciamolo qui ora. Intanto spolveriamo questo piano e il piano superiore.” Timo annuì, poi aggiunse “Che ne dici se io spolvero questo piano e tu quello superiore?” “E chi finisce prima prende l’aspirapolvere e passa il suo piano. L’altro appena ha finito il suo lavoro lo segue con lo straccio!” Aggiunse David come se stesse leggendo nella mente di Timo. Annuirono concordi.

Un’ora e mezza dopo…

“Oh! Oddio…” “Timo sto venendo…” David corse giù per le scale. Trovò Timo intriso di polvere. Ancora sulle scale, David appena vide lo spettacolo si bloccò di colpo. Gonfiò le guance “Prrr… Ahahahah!!!” E scoppiò in una fragorosa risata. Si portò una mano sulla pancia e si mise seduto su una scala per il troppo ridere. Timo sembrava un marocchino. Guardava David con le labbra arricciate, ma dopo un po’ scoppiò a ridere anche lui. Gli era scoppiato il sacco della polvere che stava giusto togliendo per buttarlo via. David batté varie volte una mano sulla scala. Aveva gli occhi lucidi e delle lacrime gli scesero lungo le guance. “Oh… Mammamia! Fortunatamente il piano di sopra ho appena finito di passarlo con lo straccio. Se ci succedeva a metà lavoro…mi sarei strappato tutti i capelli dalla disperazione! Ahahahah!!!” Si piegò all’indietro. Anche Timo rise forte. David portò gli stracci, gli spruzzini e il secchio con lo straccio bagnato, il contenitore e la scopa da straccio al piano di sotto per poterlo ripulire di nuovo.
Rispolverarono tutto. Ripassarono l’aspirapolvere e passarono anche lo straccio e, dopo aver aperto le finestre per poter far asciugare più in fretta, Timo e David si fecero una bella doccia rinfrescante, uno alla volta però! Dopodichè si sedettero al tavolo e cominciarono a fare un po’ di compiti. Sedevano uno di fronte all’altro e al lato del tavolo c’erano un po’ di libri sparpagliati. Timo si azzardò a dare uno sguardo a David: stava con un libro sotto gli occhi, una mano la teneva appoggiata sulle pagine, l’altra teneva una matita che stava morsicando. Era concentrato a leggere un libro di epica. “Cosa leggi, Dave?” Chiese Timo assottigliando gli occhi, alzando il capo dal libro e portandosi anch’esso la matita alla bocca. David alzò il capo verso Timo, si tolse la matita dalla bocca e disse “Oh, sto leggendo delle leggende nordiche.” Sorrise in direzione del tedesco. “E te?” “Io sto facendo un disegno manga, che ci ha dato da fare quella di arte per esercizio: una ragazza manga mezza nuda. Ci ha detto proprio così!” Risero. David si era legato di nuovo i capelli dopo la doccia. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse facendo scivolare la pancia sopra le sue braccia fino ad arrivare con lo sguardo sopra il disegno di Timo. Un disegno accennato di una ragazza indiana del nord America con una gonnellina strappata, cortissima, e un top appena accennato, anch’esso strappato. Questo lasciava intravedere gran parte del seno sotto il capezzolo. In una mano teneva un’accetta tipica degli indiani d’America e la leccava sensualmente. Stava inginocchiata e si teneva stabile con una mano appoggiata al terreno dietro la ragazza. Era un disegno bellissimo! “Wow! È…fantastico, Timo!” Timo sorrise dolcemente a David. Questo alzò il capo per guardare il tedesco e, appena si accorse del sorriso, riabbassò il capo velocemente, arrossendo visibilmente. Ritornò a sedere sulla sua sedia e riprese a leggere, senza dire nulla. Timo sorrise maliziosamente e riprese a disegnare, mordicchiandosi l’indice della mano sinistra.

“Oggi tortellini alla boscaiola! Va bene, David?” Disse Timo accendendo il gas per far bollire l’acqua. David lo guardò. Il tedesco ritrasse velocemente la mano dal gas, agitandola, forse perché si era scottato mentre cercava di accenderlo. Si appoggiò ad un davanzale, con le mani dietro la schiena, e guardò David. Questo scosse impercettibilmente la testa per risvegliarsi dai suoi pensieri e si affrettò a dire “Per me va benissimo!” Si sorrisero. Entrambi si aiutarono per preparare il pranzo e poi apparecchiarono la tavola. Cominciarono a mangiare. “Mmmh… Che bontà! Bravo Timo!” Esclamò David. “Oh grazie, Dave! Però, non sono poi tanto male… Pensavo venissero peggio!” David sorrise. “Posso farti una domanda?” Chiese Timo. David annuì. “Che tipo di ragazza ti piace?” David ci pensò un po’ su. “Bèh…ti dico che d’aspetto non mi importa. Certo, deve essere una ragazza decente! Però di carattere…timida, gentile, romantica fuori e dentro una leonessa…” “Cazzo, non pensavo ti piacessero quel tipo di ragazze!” “Ahahahah! Sì, è vero…ah! Deve essere più bassa di me, di età uguale o più piccola. Quelle più grandi…non lo so…mi danno un senso di sottomissione. Tipo che lei può sembrare tua sorella, capito?” Timo sghignazzò. “Giusto. Ma Jennifer se la vedi sembra più piccola di me, di età dico.” “Capito… Ma a che ora arrivano loro?” Timo guardò l’orologio appeso alla parete. “Verso le quattro e mezza… Sei agitato?” Gli chiese Timo sporgendosi un po’ verso di lui. David lo guardò. “Come fai a saperlo?” Chiese David. “Non lo so…mi è parso di vederlo nei tuoi gesti. Dai, non preoccuparti. Sono dei mattacchioni!” David sorrise abbassando lo sguardo.

Qualcuno suonò alla porta. A David balzò il cuore in gola e si alzò su di scatto con la schiena dallo schienale del divano. Timo si alzò in piedi e, calmo, andò ad aprire la porta. David nel frattempo si era sporto oltre lo schienale del divano per poter vedere chi fosse. Vide Timo aprire la porta. Oltre essa tre ragazzi salutarono calorosi Timo. “Ehi, Timo!” Salutò un ragazzo dagli scintillanti occhi azzurri. Aveva capelli né troppo corti né troppo lunghi. Aveva una fisionomia del viso particolare: gli zigomi erano molto evidenti, labbra carnose e un sorrise alquanto smagliante. I capelli erano di un marrone scuro. Dietro di lui un ragazzo con canottiera nera senza maniche, jeans calati, catene ai passanti e una cuffia nera in testa. La sua espressione diede a David un non so che di calmo. Forse era il pacioccone del gruppo. In mano aveva un paio di bacchette. “Deve essere il batterista…” Pensò David. E per ultimo entrò un ragazzo con una sciarpa a coprirgli il viso, una maglia a maniche corte e jeans. Avevano tutti gli occhi azzurri e sia il batterista che il ragazzo con la sciarpa avevano i capelli di un biondo bruciato. Al batterista usciva un ciuffetto arricciato dalla cuffia, ecco come lo aveva dedotto David. Il ragazzo che era entrato per primo aveva una canottiera uguale a quella del batterista e un paio di jeans larghi, blu scuro e strappati ai ginocchi. In mano teneva uno skateboard. Si abbracciarono tutti e Timo li condusse al salotto, dove c’era anche David. Questo si alzò in piedi di scatto. Timo fece un gesto con il braccio verso David. “Questo è il ragazzo che ospito per tutta l’estate, David. È norvegese, ma capisce il tedesco come se fosse la sua madre lingua!” David a quelle parole arrossì e, sorridendo, disse “Ciao, piacere di conoscervi.” Il ragazzo dal sorriso smagliante gli porse la mano. David andò a stringergliela. Aveva una stretta forte, dando a David l’impressione che volesse comunicargli il suo piacere di fare amicizia con lui. “Piacere mio, David. Io sono Frank Ziegler, l’altro cantante del gruppo. Chiamami pure Franky!” Si sorrisero. “Ok, Franky!” Confermò David. Venne avanti con calma il batterista “Lascia che mi presenti anche io. Ciao, mi chiamo Juri Ibo Kaya Schede, altrimenti solo Juri. Per quando avrai finito di chiamarmi con tutto il nome sarò già da te da un pezzo! Uh, sono il batterista dei Nevada Tan, il nostro gruppo.” Si strinsero la mano. Aveva anche lui una stretta forte, ma non rispecchiava affatto la sua personalità calma e all’apparenza timida. “Ehi, Jan! Non ti presenti tu?” Chiese Timo al ragazzo con la sciarpa in volto, sporgendosi oltre la spalla alta di Juri per poterlo vedere. Jan si fece avanti timidamente. “C-ciao, mi chiamo Jan Werner e…sono il DJ del gruppo…” David gli prose la mano. Jan gliela strinse dopo verla guardata per un secondo. “Il piacere è tutto mio, Jan.” Questo gli sorrise da sotto la sciarpa. “Ehi ragazzi. Ma dove sono Raul e Linke?” Chiese Timo ai suoi amici. Rivolsero la loro attenzione a lui. “Bèh…sai come sono i gemelli Linke. Sono sempre in ritardo. È l’unica cosa che li accomuna oltre all’aspetto!” Disse Juri. “Anche troppo per i gusti miei!” Si lamentò Franky incrociando le braccia e facendo il broncio. “E io sapevo anche che Jennifer, la tua ‘ragazza’, se così si può chiamare…” Disse Juri facendo le virgolette con due dita di entrambe le mani. “…sarebbe venuta insieme a loro.” Allora Timo disse “Strano! Se c’è Raul, Jennifer non oserebbe mai avvicinarsi a Linke!” “Sì, ma siccome si è ritrovata in ritardo è corsa comunque dal suo carissimo amico Linke anche se c’era il gemello e verranno tutti e tre insieme con la macchina, suppongo.” Timo abbassò lo sguardo, pensieroso. “Posso farti una domanda, Timo? Ma non sei geloso che Jennifer passi molto tempo con Linke nonostante lo conosca meno di quanto conosce te e lo definisce il suo migliore amico?” Timo a quella domanda alzò il capo e guardò Franky. Si sentì un moto di rabbia e insicurezza che aveva sempre avuto da quando conosceva Jennifer.
In effetti aveva dei dubbi su quell’argomento: lei diceva che con Linke ci parlava e ci si confidava perché Timo era un menefreghista, ma anche un bonaccione, nei suoi confronti e aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno. Ma, secondo gli amici di Timo, era solo una scusa per scoparsi Linke, anche se non ne avevano prove concrete. Ciò che sapevano per certo è che Jennifer era la perfidia fatta persona: usava sia Timo che Linke per soddisfare le sue fantasie sessuali ed erano certi anche del fatto che fra qualche mese, se non fra qualche settimana, avrebbe lasciato Timo per poi dire allo zio che l’aveva lasciata lui e altre stronzate varie facendo una scenata da commedia! Gli amici a Timo di questo gli avevano già parlato, ma l’unica cosa che faceva lui era scuotere la testa e dire “No, lei ama me. Io la conosco e non vengo certo a dare retta a voi che ve la volete portare a letto! E poi Linke è un mio amico…e non mi farebbe mai questo!” Con queste parole che lasciavano un mare di dubbi nella sua testa (Timo si era reso conto troppo tardi che i suoi amici avevano la piena ragione) tra Timo e gli altri del gruppo era calata una specie di atmosfera aspra, che si era risolta quando Timo aveva capito che tipa era Jennifer e aveva chiesto scusa a tutti. Tutto questo a causa di Jennifer che “Gli sta facendo il lavaggio del cervello!” Come sosteneva Juri. Il bello è che una volta, se non due, al mese i ragazzi facevano sempre una riunione a casa di un membro del gruppo (a giro) per parlare di tutto ciò che vorrebbero fare, proporre per il futuro, e anche dire ciò che li importuna. Il ‘problema Jennifer’ era sorto molte volte nella riunione, ma Linke aveva sempre smentito imperterrito su di una loro presunta storia. La quarta volta che uscì fuori quell’argomento, Timo se n’era andato a piangere da qualche parte fuori dalla casa, probabilmente in giro per la strada, lasciando tutti allibiti per aver sbattuto la porta della sala di Juri. Agli inizi della storia tra Timo e Jennifer, questo povero disgraziato pensava fosse stato vero amore tra di loro, ma parliamo di un anno prima. Alle riunioni però lei non era mai presente perché erano segrete, quindi a lei non ne avevano mai parlato. Però lei e Raul, il gemello omozigote di Linke, si erano antipatici perché una volta Raul era andato a dirle in faccia tutto ciò che pensava lui di lei. E non solo, le aveva detto anche cose che pensavano gli altri membri del gruppo spacciandole per proprie. Era stato l’unico ad avere le palle di andare a dirle tutte quelle cose che avevano detto alle riunioni in faccia. Raul era un tipo simpatico, gentile, ma molto presuntuoso quando si parla di musica, soprattutto di chitarre! Il fratello Linke, invece, era arrogante fino al midollo, stronzo, menefreghista e un gran donnaiolo. Entrambi i gemelli avevano i capelli biondi e gli occhi azzurri. Ebbene Linke, per staccarsi dal fratello, se li era tinti di nero. Insomma, questo vi fa capire che era una gran testa calda. Tutti lo chiamavano per cognome proprio perché era stronzetto, altrimenti il suo vero nome era Christian. Odiava sentirsi chiamare per nome.
Restò così per un breve tempo. Gli occhi degli amici, compresi quelli inteneriti di David, erano puntati su di lui. Abbassò il capo, sconfitto dalla domanda di Franky “Bèh…ecco… Ragazzi, vi ho già detto che avevate ragione sul conto di Jennifer, no?” “E ti abbiamo creduto, Timo. Abbiamo fatto pace ed ora è acqua passata. Devi capire che siamo amici e dobbiamo restare uniti, ma ora noi vorremmo strappare il contratto che abbiamo firmato e mandare Jennifer e suo zio a quel paese…” Disse Juri. “Ehi, è già uscito questo argomento alla scorsa riunione. Ne abbiamo parlato: se troviamo un’altra casa discografica che vuole farci firmare un contratto, lasceremo Jennifer e lo zio!” Cercò di spiegare Timo. “No, Timo. Tu lasci, Jennifer.” Disse Franky assottigliando gli occhi in modo minaccioso. A Timo arrivò una pacca sulla spalla. Era di Jan. Timo lo guardò e si sorrisero. Jan girò il capo verso gli altri. “Ragazzi, ho…ho da dirvi una cosa….” “Spara, amico!” Disse Franky. Jan continuò a parlare con la testa bassa “Sapete già che sto bussando alle porte di varie case discografiche, no? Ecco…l’altro giorno ho parlato con una casa discografica…la Universal…” “C-cosa?! Hai contattato la Universal???” Disse Timo allibito, guardando Jan con gli occhi spalancati. “Ehi, aspetta bello, fammi finire! Dicevo, sono riuscito miracolosamente…” Disse alzando gli occhi al cielo e facendo delle mosse con le mani come per indicare coriandoli scintillanti che cadono dal cielo. “…a trovarli quando ho telefonato per la…decima volta. E mi hanno detto che volevano sentirci suonare. Mi hanno chiesto una copia del nostro album e così gliel’ho data. Hanno detto che mi richiameranno per farmi sapere.” “Q-quando è successo questo, Jan?” Chiese Juri cautamente come se avesse detto qualche parola fuori posto Jan l’avesse ucciso. “Ieri.” Disse tranquillo alzando le spalle. Le facce di Timo, Franky e Juri erano diventate così: O_O. L’unico a sorridere era David. Jan guardando le facce dei suoi amici chiese impaurito “Ho fatto male?” Si sentì abbracciare. Era Timo. Gli altri si unirono a lui per abbracciarlo. Tutto d’un tratto suonò il campanello. Tutti si voltarono nella direzione della porta, compreso David. Il cuore si saltò per l’ennesima volta in gola. “Questi devono essere loro. Vado ad aprire.” Disse Timo staccandosi dall’abbraccio e correndo verso la porta. Dopo un po’ entrarono nella cucina/salotto Timo, una ragazza bionda, piccola che lo seguiva tenendogli la mano e, pochi passi dietro di loro, apparve da dietro l’arco un ragazzo alto, con lunghi capelli neri,due grandi occhi blu come l’oceano e un pizzetto poco visibile sotto il mento. Dietro le spalle gli sbucava la custodia del suo strumento: il basso. Già dalla sua camminata, dalla sua espressione, si poteva dedurre che fosse un poco di buono. Indossava una camicia a scacchi sul marrone, un paio di jeans strappati ai ginocchi neri e un paio di scarpe larghe, imbottite, anch’esse nere con lacci da una parte rossi e dall’altra bianchi. Alzò il capo guardandosi intorno e appena vide David sfoggiò un sorriso che neanche si sarebbe dovuto chiamare sorriso.
Così si doveva chiamare: un ghigno.
David aveva notato subito di che persona doveva trattarsi, non conoscendo nulla di lui, e rabbrividì.

Edited by lalla1595 - 13/9/2010, 17:32
 
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lalla1595
view post Posted on 29/9/2010, 17:19




ragazzi...non credo di voler continuare la storia visto che non vedo commenti di nessun genere, quindi non vorrei perderci del tempo né tantomeno annoiarvi xD ringrazio comunque chi l'ha letta e ci ha scritto qualche commento, che daltronde mi sono serviti a continuare la stesura della storia e, se erano consigli, a migliorare le mie tecniche e capacità di scrittura. Se qualcuno, anche fosse una persona, vuole che io continui a scrivere non abbia esitazione nel dirlo, perchè per me è un vero piacere scrivere e, di conseguenza, fantasticare su personaggi famosi come i Panik xD
 
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davidina95
view post Posted on 29/12/2010, 02:08




Ciao *-* ho appena letto il continuo e me ne sono innamorata, amo il tuo modo di scrivere e vorrei che tu continuassi , sempre se vuoi (: Purtroppo ho trovato tempo solo nelle vacanze di leggerla e chiedo perdono... ç_ç Comunque a me piace tantissimo , ti prego di continuarla <3
 
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lalla1595
view post Posted on 3/3/2011, 17:11




Ciao! Sono contentissima che ti piaccia, quindi la continuerò XD
 
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15 replies since 15/7/2010, 17:39   209 views
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