Fiss Au Pair

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lalla1595
view post Posted on 15/7/2010, 17:39 by: lalla1595




Allora...non ho mai postato alcuna storia, quindi non so cosa si dice all'inizio. Comincio col dire che, dopo aver letto i capitoli, accetto qualsiasi tipo di giudizio, buono o cattivo che sia. Dopo tutto, serve per migliorare la propria tecnica di scrittura ;) Ed ecco il primo capitolo di Fiss Au Pair.

CAPITOLO 1

Lesse di nuovo. Alzò il capo dal fogliettino che teneva davanti al viso con tutte e due le mani, che stavano per l’appunto iniziando a tremargli. “Neumunsten…N° 127…Mh!” Disse come se stesse parlando con qualcuno. Abbassò lo sguardo sul foglio ancora una volta. Girò la testa a destra. Mosse i suoi occhi lapislazzuli. Il sole che stava tramontando li colpì dando loro un effetto argenteo. Una lacrima gli scese andando a bagnargli la guancia. Guardò anche a sinistra. Si convinse di trovarsi in un posto isolato, in aperta campagna…dimenticato da Dio! Davanti alla casa c’era un grande spazio imbrecciato. Subito dopo un grande prato completamente vuoto, uno steccato e poi un campo di grano. Sospirò guardando il bellissimo cielo tedesco. Non che sia così tanto diverso dal cielo norvegese, pensò, comunque se lo immaginava diverso. A dir la verità si immaginava tutto diverso! Si immaginava una casa di quelle a schiera, immerse nel traffico di Berlino, con un cielo grigio a causa dello smog. Fu contento del fatto che si trovava in aperta campagna con tanto di aria pulita. L’unico rancore era quello di non poter vedere la tanto amata Berlino. In fondo, anche lui in Norvegia abitava in una fattoria. Solo che la sua situazione in Norvegia era la stessa, per farvi un esempio, dell’Italia nel dopoguerra: quattro famiglie di dodici membri ciascuna in un’unica casa, una famiglia contadina attaccata alle tradizioni e ostile ai cambiamenti moderni, una fattoria al primo piano invece del salotto o della cucina situate insieme alle camere da letto e al bagno al secondo piano. Lui non era mai stato un contadino nel vero senso della parola. Anzi, usciva con gli amici nella piazza del suo piccolo paesino, ascoltava musica, suonava pianoforte e chitarra. Insomma, un ragazzo del ventunesimo secolo, però con una particolarità: amava la solitudine. Gli piaceva starsene ore seduto sul cortile di casa sua con le galline che gli gironzolavano intorno, disegnando qualche schizzo o scrivendo poesie e, talvolta, suonando la sua chitarra acustica, oppure semplicemente ascoltando il suono del vento e degli uccellini che cantavano, annusare l’odore del grano e dell’erba tagliata. Aveva una strana passione anche per gli indiani d’America e per la loro musica. Non a caso si comportava così. Adorava ascoltare musica classica e metal. Da una sponda all’altra, praticamente! Però, riguardando quel luogo, sentì una strana sensazione familiare e constatò che si sarebbe trovato meravigliosamente bene in quel posto. Fece un cenno d’assenso sorridendo e salì le scale per suonare alla porta di quella casa solitaria sulla collina tedesca. Appoggiò il dito e lo tolse subito. Attese. Lo travolse l’ansia. “E se mi ritrovo un vecchio bavoso? O peggio, una famiglia di scapestrati?! O…una bella ragazza…” In quello stesso momento la porta si aprì. Indietreggiò di qualche passo. Si stupì, stranamente, di ciò che vide. Ad aprirgli era stato un ragazzo alto, magro, con corti capelli marroni e occhi dello stesso colore. Dal suo stile capì che doveva essere una specie di rapper. I lineamenti erano dolci e dava l’aria di un ragazzo peperino e molto simpatico. “Uh! Ciao. Tu dovresti essere…” Cominciò il proprietario della casa. “David Lauden Bonk.” Continuò l’altro porgendogli la mano. Il ragazzo alla porta gliela strinse. Sorrise scoprendo i denti bianchi, perfetti. “Ja. Il fiss au pair. Piacere, io sono Timo Sonnenschein. Prego, entra. Non stare lì impalato sulla porta!” David era, d’aspetto, un ragazzo alto, magro, con lunghi capelli neri come la pece e grandi occhi azzurri. Le sue labbra erano rosee e facevano notare la sua bellezza a causa della pelle bianca che le metteva bene in risalto. Se non aveste notato che non aveva alcun segno di petto avreste di sicuro pensato che fosse stato una ragazza, e per giunta molto attraente! Era anche il suo comportamento solitario, timido e la sua voce molto…tranquilla a farlo pensare. Timo chiuse la porta dietro di sé. David teneva le mani giunte che stringevano una grossa valigia e osservava con espressione stupita la casa. Timo gli andò di fronte, intrecciò le braccia dietro la schiena e guardò David sorridente, tenendosi con i denti superiori il labbro inferiore. David stava ancora guardando la casa, quando si accorse della presenza di Timo. Stava quasi per andargli addosso a causa della sua distrazione nell’ammirare la casa. Sobbalzò, poi, cercando di mascherare il suo imbarazzo per la figuraccia, fece un sorriso innocente, impercettibile. Le guance gli si erano sfumate di una pallido rosso. Timo, guardando sorridere David a quel modo, sentì un moto dentro di sé, come se avesse le farfalle nello stomaco e un pensiero gli balenò nella mente. Ma scosse energicamente la testa e lo lasciò andar via, ritornando con i piedi a terra. Allungò una mano, ritornando a sorridere in quel modo, e restò fermo con una mano tesa verso David, l’altra lungo il fianco e con la schiena piegata in modo da farlo sporgere abbastanza in avanti. David, appena vide l’espressione buffa del tedesco, scoppiò a ridere. L’altro non capì e David se ne accorse. “Scusami! È che mi hai dato l’aria di un bambino che aspetta la manina del suo amichetto o aspetta di ricevere il gelato…prrrr!” Anche Timo, sentendo il pensiero di David, scoppiò in una fragorosa risata. Timo era già un po’ più maschile di David: aveva labbra molto fine, muscoli appena accennati sulle braccia, gli zigomi più marcati e il timbro di voce tipicamente tedesco, molto duro e cupo. “Hai molta immaginazione, David! Ti chiedevo soltanto se mi potevi porgere la valigia e intanto ti mostravo la tua camera da letto e anche un po’ la casa.” Disse Timo. “Oh, non preoccuparti…” Cercò di sviare David. “No, dai, ci tengo! Sei un ospite…almeno lascia allora che ti porti lo zaino.” David roteò gli occhi ridendo e annuì. Timo sorrise. Stava cominciando a farsi un’idea di David: gli sembrava un ragazzo strano, ma era sicuro che era un ragazzo timido. David si tolse con fatica il grosso zaino che aveva in spalla e lo porse a Timo, che cominciò a salire le scale seguito dal moro. Aprì la prima porta. “Oook. Comincio con il farti vedere dov’è il bagno. Se anche di notte non ricordi dov’è non farti problemi a venire a chiedermelo in camera mia!” Risero. “E’ piuttosto gentile e…altruista. E ha un ottimo senso dell’umorismo!” Pensò David. Richiuse la porta. Ne aprì un’altra. “Questa è la mia camera. Ci entriamo dopo, ora ti mostro la tua e, se vuoi, ti aiuto a sistemare le tue cose.” “Sì, grazie. Mi farebbe molto piacere!” Rispose David. “Ha una voce molto…affemminata. Ma lui è tutto affeminato! Però mi piace! Che cosa?! Ok, non ho detto nulla!” Pensò Timo. Richiuse la porta e aprì quella dell’ultima stanza. Era una casa piccolina, graziosa e piuttosto in ordine e pulita, pensò David. “Voilà! Questa è la tua camera da letto. Spero ti piaccia…” “E’ deliziosa, grazie!” Disse David incantato. Timo sbuffò una risata. “Ok. Ti aiuto a mettere a posto la valigia?” David lo guardò. Restò un attimo in silenzio a fissarlo. Timo sporse la testa più avanti, incitandolo. “Allora?” David si risvegliò dai suoi più oscuri pensieri, arrossendo. “Sì, grazie. Mi faresti un grande piacere!”
Cinque minuti dopo uscirono dalla camera. Timo lo aveva aiutato premurosamente a mettere i vestiti nell’armadio e a sistemare le altre cianfrusaglie senza borbottare né trovare una scusa per non farlo. Richiusero la porta della camera di David e Timo gli fece vedere la sua. David rimase incantato per l’ennesima volta. L’intonaco era completamente bianco. Ai muri erano attaccati molti poster di gruppi che David non conosceva affatto, constatò però fossero rap e metal, e ne fu felice. “Li conosci i Rammstein? Sono un gruppo tedesco molto famoso. Non so se ti piacciono… Suonano metal…” “Metal? Davvero? Adoro il metal!” Disse David euforico. “Davvero? Che gruppi ascolti?” Chiese Timo incuriosito. “Bèh…gruppi non molto conosciuti, sempre metal. Ascolto i 30 Second To Mars, i Linkin Park e…” “Ascolti anche te i Linkin?! Oddio, sei un ganzo!” Disse Timo dandogli una potente pacca sulla spalla. “Ascolto anche musica classica e degli indiani d’America.” Timo storse il naso. “Capisco la classica, ma gli indiani! Comunque, ti piace il rap?” “Mmmh…rap da solo lo mastico poco. Ecco perché ascolto i Linkin: sono nu metal, ovvero rap e metal insieme…o sbaglio?” “Giustissimo! Ti capisco, sai! Io ci ho messo un po’ per poterlo ascoltare da solo, ma ero sicuro che una volta abituato mi sarebbe piaciuto. Suoni qualche strumento?” “Oh, sì! Suono la chitarra e il pianoforte. Tu?” “Io canto e suono anche io la chitarra. Ho un gruppo, se vuoi domani te li presento. Vengono per fare le prove.” “Ok.” Tutto sommato la camera di Timo era semplice. Un letto singolo, un computer con scrivania. Un armadio e uno scaffale con libri di scuola e libri…fantasy. Come ogni ragazzo aveva i muri pieni di poster. Sopra la scrivania c’erano album di tanti artisti diversi e, in un angolo, David notò la chitarra di Timo con uno scatolone che doveva essere dell’amplificatore. Il suo sguardo si fissò sulla chitarra. Timo lo seguì e capì. “Vuoi vederla?” “Oh, non ti scomodare! Tanto se domani fai le prove, avrò l’occasione di vederla domani.” Sorrise. “Come vuoi.” Uscirono dalla stanza. Scesero al piano di sotto. Salotto e cucina erano insieme. David notò subito un vecchio pianoforte a coda vicino il divano. Sorrise. “Mettiti pure seduto. Fa un caldo bestiale nonostante siamo a metà giugno. Ti andrebbe un po’ di tè fresco con…vediamo…biscotti alle gocce di cioccolato? Mi dispiace, ma anche la mia dispensa è molto semplice!” “Vanno bene tè e biscotti, grazie.” Disse David. Timo annuì sorridendo. Tirò fuori il pacco intero di biscotti e il tè dal frigo. Poi si portò una mano a grattarsi il mento e l’altra appoggiata sul fianco. “Dove avrò messo i bicchieri di plastica?” “Sono quelli?” Chiese David indicando un pacco di bicchieri di plastica sopra una credenza. “Oh, eccoli. Grazie.” Si alzò sulle punte e ci arrivò con fatica. Timo era un tipo molto buffo anche nei gesti, non goffo però, pensò David. Ne prese due dal pacco, due fazzoletti e cercò di prendere anche la bottiglia, ma non ci riuscì. David si alzò di corsa appena in tempo per prendere la bottiglia che stava cadendo dalle mani del tedesco. Si alzò in posizione eretta e si ritrovò davanti il viso di Timo. Si fissarono per un brevissimo momento. Poi distolsero lo sguardo, David tossicchiando e prendendo anche il pacco di biscotti, Timo andando verso il tavolo. Si misero seduti e Timo versò il tè e aprì il pacco di biscotti. Cominciarono a mangiucchiare e così iniziarono a parlare. “Allora, David. Tu verresti da un piccolo paesino della Norvegia, giusto?” “Sì. Precisamente da Aremark. È molto povero come posto, ma ci si lamenta poco. Diciamo che non ci manca nulla!” Timo sorrise sorseggiando il suo tè fresco. “Quanti anni hai David. Raccontami un po’ di te.” “Bene. Allora, ho sedici anni. Frequento un istituto tecnico linguistico e sono qui per prestare servizio in questa casa in cambio di insegnamento della lingua tedesca. Vivo in una casa molto grande. Il posto è identico a questo…” Timo sbuffò una risata. “Vivo con la mia famiglia. Ho un fratello più grande, ormai sposato e vive in una altro comune della Norvegia. Poi nella nostra casa abitano i genitori di papà e i suoi tre fratelli con le rispettive famiglie. Adoro disegnare oltre a comporre musica e suonare pianoforte e chitarra. Amo starmene all’aria aperta, viaggiare e…credo sia tutto!” Timo annuì. “Ora mi presento io. Allora…ho diciassette anni. Vivo da solo da quando ne avevo quindici, ho due fratelli e una sorella…studio in un istituto d’arte e in un conservatorio. Io sapevo che esistevano le fille au pair!” David rise. “Io sono un’eccezione! Credo di essere l’unico fiss au pair in questo mondo!” Timo rise. “E…dove ero rimasto…ah, sì. Amo la solitudine. Suono in un gruppo con altri cinque ragazzi. Suoniamo nu metal…e sono felice di accoglierti, David!” “Grazie, Timo…” Disse arrossendo. “Conoscendoci meglio scoprirai tante altre cose, anche le più intime. Ora non me la sento di farti la palla e di raccontarti tutto quanto. Comunque ti facevo più grande!” David rimase stupito. “Sei l’unico che me lo dice. Tutti mi dicono che sembro più piccolo!” Timo sorrise. Sperava che fosse stato almeno della sua età, non proprio più grande… Ma perché lo sperava?! “Coooomunque…nella mia casa non ci sono regole molto severe: uno, per l’una di notte, tutti a letto! Puoi portarti quante ragazze vuoi, basta che non disturbi se sono a dormire!” Risero entrambi. Timo aveva una risata così contagiosa… “Spero che non porterai mai nessuna ragazza… Ma perché?! Oddio, Timo, sveglia!!!” “Poi…due: puoi svegliarti quando vuoi. Secondo le regole del fiss au pair devi fare pulizie e servizietti del genere per guadagnarti istruzione nella lingua tedesca, no? Ebbene, io ti aiuterò in ogni faccenda che fai, altrimenti mi sembra ti tenere uno schiavo in casa…” “Ma le regole…” “Al diavolo le regole! Non ci sono mica telecamere qui a controllarci. Se ti chiedono cosa hai fatto potrai raccontargli ciò che le regole ti impongono di fare, però noi intanto puliamo, cuciniamo, facciamo la spesa, facciamo tutto insieme!” “…” “Non tutto in quel senso!” David scoppiò a ridere. E Timo lo seguì. “E…quando partirai?” “…quando Timo mi vuole cacciare da casa, quando si sarà stufato di avermi fra i piedi, allora me ne andrò.” Disse David come un cucciolo impaurito. “Oh, stai tranquillo. Non potrei mai stufarmi di te, David… Doh!” Pensò Timo.




Edited by lalla1595 - 20/7/2010, 16:11
 
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