Fiss Au Pair

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lalla1595
view post Posted on 29/7/2010, 10:05 by: lalla1595




Ed ecco a voi un nuovo capitolo. Spero che vi piaccia. E, mi raccomando, non tralasciate alcun tipo di pensiero che vi passa per la mente, bello o brutto che sia. Mi sarà da consiglio per migliorare xD

CAPITOLO 2

Finito di mettere a posto i biscotti, i bicchieri e i tovaglioli nella credenza e la bottiglia di tè nel frigo, Timo si girò verso David e gli chiese “Ti andrebbe di andare a fare una passeggiatina di fuori?” David alzò le spalle “Per me va bene!” “Ok. Ti mostrerò anche il posto dove vivo.” David sorrise. Uscirono di casa. Timo chiuse la porta a chiave e scesero le scale insieme. Uscirono dal cancello che divideva lo spiazzo e la casa dal mondo esterno e David lo richiuse. Entrambi si misero le mani in tasca e cominciarono a camminare. “Allora, come va la scuola?” Chiese Timo guardando avanti a sé. Il sole che colpiva i suoi occhi marroni li fece diventare di colpo di un bellissimo oro. David rivolse lo sguardo a Timo e gli disse “Va bene, direi…” “E…te la senti di raccontarmi un pochettino di più su come vai a scuola, dov’è situata, i prof eccetera?” “Sì, certo. Bèh…non è così diversa dalla scuola tedesca. Si trova proprio nel centro del mio paese e quindi io ci vado a piedi, però devo alzarmi alle sei per poter entrare alle sette puntuale. Le materie, visto che sono al secondo anno, sono: biologia, chimica, inglese e tedesco, informatica, norvegese, matematica e ginnastica. In terzo comincerò francese, però non farò più né biologia né chimica. Quest’ultima è quella che mi rimane più complicata. I professori…bèh, che dire di loro? Sono fantastici! Certo, c’è sempre quello un po’ più severo, ma lo fanno per il nostro insegnamento. In classe ne siamo in trentacinque e…” “Quanti?!” Chiese Timo allibito. “Tr-trentacinque…” Disse David spaventato. “Wow! Proprio tanti eh!” A David tornò il sorriso sulle labbra. “Già…tanti. Però da noi le scuole sono divise in maschi e femmine, purtroppo… Però le vediamo quando escono da scuola!” Timo rise. “E te invece? Raccontami anche un po’ della tua.” Chiese David. “Mmmh… Mi dispiace dirlo, ma è una scuola dove gira molta droga e vanno di moda le ragazze incinte.” A quelle parole il cuore di David perse un battito. “Ma allora Timo si droga?” Chiese mentalmente. “Oh, ma non fraintendermi! Io non mi drogo. La odio solo per questo, altrimenti non avrei potuto desiderare di meglio! E…” In quel momento Timo abbassò il capo. David abbassò anch’esso il capo verso quello di Timo per poter vedere i suoi occhi. “…anche da te ci sono i bulli?” Chiese David. Timo alzò il capo e guardò David. Rimase ancora una volta allibito. “C-come…come fai a sapere ciò che pensavo?” Chiese il tedesco. “Non lo sapevo. È una cosa normale…troppo normale!” Timo rise. “Vero! Quindi…picchiano anche te?” David guardò Timo con un punto interrogativo. “N-non ti picchiano i bulli?” Chiese di nuovo il tedesco. “Oh! Dei del cielo, no! Per fortuna non mi hanno mai toccato. La vita è già abbastanza dura per me senza i bulli, che me la renderebbero peggiore di come è già…” “Ma questo non dice mai una parolaccia?! Per fortuna però che non ti hanno mai toccato, David. Altrimenti con le braccette gracili che ti ritrovi non saresti uscito vivo dalla Norvegia!!!” Pensò Timo, rincuorato che i bulletti non avessero mai picchiato il moretto. “…perché? A te fanno male quei mascalzoni?” Chiese David. Timo guardò davanti a sé, si schiarì la voce e parlò “Tutti i giorni è un supplizio, una lotta per la sopravvivenza nella mia scuola. E, puntualmente, ogni giorno ti ritrovi a ringraziare Dio per averti donato un altro giorno di vita…” David abbassò il capo. “Poverino! Chissà come deve essere dura per lui convivere con queste persone…” “Allora perché non hai cambiato scuola? O non l’hai terminata?” “Mmmh…volendo posso terminarla anche ora che ho finito il terzo anno, ma…la mia passione per l’arte e per il disegno è troppo forte. E poi se una cosa la comincio, durasse un anno, cinque o dieci anni, la devo finire comunque!” Disse Timo. “Che ragazzo determinato che è!” “Però io non posso lamentarmi! Hai detto che la tua vita è uno schifo anche senza i bulli!” David sbuffò una risatina molto dolce. “Bèh, ti ho detto che la vita nel nostro piccolo paese è difficile, così come nella maggior parte della Norvegia. Però siamo abituati a vedere chi sta peggio di noi e nessuno si è mai lamentato di niente. Ecco perché prima ti ho detto che non ci manca nulla in confronto, per esempio, alla povera gente in Africa. A lamentarmi, prima, mi sono sentito un verme!” “Per esserti lamentato della tua vita?” David rise “Sì! Non è buffo? Eppure la amiamo. Alcune mattine ti svegli alle quattro per andare a portare a pascolare le vacche, a piedi nudi nei campi. Poi corri a scuola. Il pomeriggio: poco tempo per fare i compiti e subito giù nel campo ad aiutare la tua famiglia! Poi il sabato e la domenica i tuoi genitori ti lasciano andare con i tuoi amici. Sono più comprensivi dei miei nonni, ai loro tempi genitori. Per me questo è bellissimo, ma per te può sembrare da arretrati. Ascolto musica metal senza farmi scoprire dai miei e insieme ad un gruppo di amici ci comportiamo da metallari, cioè quello che siamo nell’animo.” Timo rimase in silenzio, così anche David. “Sai?” Chiese Timo girandosi poi verso il moro. “Se vivessimo tutti come hai detto te sarebbe un mondo migliore. Più rispetto per i propri genitori, più voglia di andare a scuola e di studiare per potersi costruire una vita migliore, più rispetto per tutti, compresi amici, insegnanti, fratelli e così via… Più gente determinata dal duro lavoro. C’è solo una cosa che non è buona: una società così porterà sicuramente alla tirannia a causa dell’ignoranza…” “E chi ti ha detto che noi siamo ignoranti?!” Chiese David irritato. “Bèh la mia era una supposizione, non ho detto che voi siete ignoranti…” “Mh…ok. Ma non pensarlo neanche!” Disse David ridendo. Anche Timo rise. “E…la tua famiglia dov’è?” Chiese David, inconscio della risposta che Timo gli doveva dare. Questo non rispose subito. Poi si fermò. David, non accortosi subito della sosta di Timo, continuò ancora per una decina di passi. Poi, giratosi verso il tedesco e non trovandolo accanto a sé, si fermò anche lui e rivolse il suo sguardo a Timo, che era dietro di lui. “…non me la sento di parlartene ora, David. Scusami, ma è per non metterti a disagio…” Disse Timo a testa bassa. Riprese a camminare, sorpassando il norvegese. Questo lo raggiunse correndo. “Oh, non preoccuparti. Scusami tu se ti ho fatto questa domanda.” “Non hai nulla di cui scusarti.” Detto questo Timo alzò appena il capo per poter vedere David. Così gli diede una potente pacca sulla spalla. David si sforzò di non gemere. Scesero lungo la collinetta tramite una strada imbrecciata. Timo si girò verso David e lo fissò a lungo. Il moretto sentiva lo sguardo del tedesco su di sé, ma non gli diede molto peso. “Che bei capelli che hai! Sono tinti?” Chiese alla fine Timo. “Ehmm…no, sono naturali.” Disse David prendendo una ciocca di capelli tra le dita lunghe e affusolate, guardandola come se volesse essere sicuro che non fossero tinti. Timo portò una mano sulla testa di David e, appoggiandola delicatamente, cominciò ad accarezzargli i capelli. David non si accorse subito del contatto, ma quando sentì la mano di Timo sulla sua testa la spostò facendo ricadere la mano. “Oh, scusami…” Disse Timo. “Pensavo volessi darmi una delle tue pacche sulla capoccia!” Disse David, ironicamente. Timo rise così forte da far volare gli uccellini dagli alberi. “Ahahahah! No, volevo solo vedere se i tuoi capelli sono veri. Ahahah! È che sono strani per un norvegese. Li dovresti avere biondi, essendo uno del nord.” “Sì, lo so. È strano… Però anche tu, come il tedesco doc, dovresti avere capelli biondissimi e occhi azzurrissimi.” “No. Purtroppo sono un bastardo!” Timo rise di nuovo. David anche rise per ciò che aveva detto Timo.
In poco tempo arrivarono in paese. Non era molto grande. C’erano molte casette a schiera, ognuna con un proprio giardino. Erano molto carine, pensò David. La piazza era molto grande. C’erano bancarelle e negozietti di vestiti, scarpe, giocattoli, souvenirs e persino dolciumi. Al centro una grande fontana con intorno un giardino. La fontana era sollevata da terra e il giardino faceva da collina. Intorno i vicoletti si diramavano dalla piazza con strette stradine che andavano man mano allargandosi. Timo e David si sedettero su una panchina. “Da quanto suoni, David?” “Mmmmh…bèh il pianoforte ho fatto cinque anni e la chitarra sto ancora continuando. Praticamente il pianoforte ho iniziato a suonarlo a tre anni e a otto anni ho smesso pianoforte e ho iniziato la chitarra. E tu, invece? Ho visto che hai un pianoforte in salotto.” “Ah, sì quello! Io suono la chitarra da quando avevo sette anni. Però sono autodidatta perché i miei non avevano i soldi per mandarmi a lezione. E così ho imparato da solo!” “Davvero? Stimo molto gli autodidatta. Io da solo non ce la farei mai…” “Ma guarda, basta che ti vedi molti, e dico molti, video di chitarristi, tutti diversi mi raccomando, e da lì impari. Bisogna che sfrutti anche molto l’orecchio e ciò che senti provi a riportarlo sulla tua di chitarra. Sembra facile, ma come hai detto te non lo è per niente.” David sbuffò una risatina divertita. “Ma perché ridi così, David? Mi fai sciogliere! Ti prego, non farlo più… Sei dolcissimo quando fai così!” Pensò Timo con la testa fra le nuvole. “E…qual è la storia di questa città?” Quando David disse quella frase, Timo ritornò tra gli immortali così violentemente che rimase basito per un bel po’. “St-storia?! Sei sicuro di volerla conoscere???” “Mi…farebbe molto piacere!” Disse il moro con un sorriso a quarantotto denti. “Ecco, vedi… Tutto inizia nel medioevo. Non fare caso se mi inciaccio delle volte, è che l’ultima volta che ho studiato la storia del mio paese è stato in…quarta elementare credo!” Così Timo iniziò a raccontare. Con sua grande sorpresa David rimase sempre attento e qualche volta faceva delle domande o, comunque, interveniva. A Timo piaceva molto anche quel lato di David.
“Ed ecco qui. Ti è piaciuta?” “Sì, molto! Cacchio…un paese così piccolo con una storia così grande!” Disse David guardando avanti a sé. Il sole colpì di nuovo gli occhi di David dando loro quel bellissimo effetto argenteo. Timo ne rimase sbalordito. “Hai gli occhi di una bellezza ultraterrena…” Osò pronunciare. David si girò di scatto verso Timo. “C-cosa?” Chiese spaesato. Timo pensava che David non se ne accorgesse, così agitò le mani davanti a sé e si giustificò dicendo “Oh no, niente. Dicevo che il sole che tramonta è bellissimo…” “Cosa?” David si girò verso il sole che stava tramontando. “Oh mein Gott! È…davvero bellissimo!” Prese il cellulare dalle tasche dei larghi jeans che indossava e scattò una foto al cielo pomeridiano. Abbassò il telefono e si fermò a guardare il tramonto, appoggiandosi con un fianco alla panchina con un braccio sopra la spalliera. Anche Timo stava guardando avanti a sé, ma non il tramonto. Stava con gli occhi fissi sul bel corpo femminile del norvegese. Aveva una maglietta nera a maniche lunghe abbastanza attillata e jeans che gli arrivavano a metà fondoschiena, lasciando intravedere una buona parte dei boxer neri. I jeans erano larghi, di almeno due taglie più grandi di quella di David. Delle scarpe larghe, di quelle super imbottite. Ai jeans aveva attaccato una catena che gli arrivava a metà coscia e una bandana rossa dallo stesso lato della catena che gli arrivava fin sotto il ginocchio. La curvatura della panchina faceva sì che David si mettesse con il sedere al limitare del lato della fine della panchina e solamente la spalla che toccava la spalliera della panchina. In quella posizione l’altro fianco non appoggiato alla panchina assumeva una curvatura molto, come ho detto prima, femminile. Una curva a U, per intendersi. Questa era valorizzata dalla maglia nera un po’ attillata. Timo aveva notato anche prima che i fianchi di David assumevano curve strane e il bacino era stretto, come quello dei maschi d'altronde. Timo scosse energicamente la testa “Cazzo scemo! Sei pure fidanzato! Oh, è vero! Sono fidanzato… E sei pure etero!!!” Con quel pensiero che lo aveva salvato dal fare filmini erotici su di lui e su David guardò l’orologio e sgranò gli occhi. “Cazzo! David, dobbiamo tornare a casa di corsa!” David si girò e non capiva il motivo di tanta fretta di Timo. “Perché tanta fretta, Timo?” L’orologio di Timo suonò. Questo rimase come in una trans momentanea, perché si svegliò subito dopo. “Te lo spiegherò a casa. Ora dobbiamo correre. Siamo già fin troppo lontani per arrivare in tempo.” Timo si tirò su, in piedi. “In tempo per cosa?! AH!” David venne trascinato da Timo. Iniziarono a correre a più non posso. Timo stringeva con presa ferrea il braccio di David, poi improvvisamente lo lasciò e corsero un accanto all’altro. A David, infatti, era sembrato strano che già alle cinque e mezza del pomeriggio le bancarelle se ne andavano in gran fretta e i negozi chiudevano, sbarrando le vetrine e le porte come se la città fosse stata infestata da zombie e cose del genere. La gente poi! Si rifugiava nelle case, chiudendo finestre e porte con mille lucchetti, da come aveva udito prima. Però non capiva il motivo di tutta quella paura della notte. Poi un pensiero gli balenò nella mente. “E se veramente ci fossero zombie? E se ci ritroviamo come nel film ‘Io Sono Leggenda’?” A David si fermò il cuore, ma continuò a correre dietro a Timo, che sembrava avere il sedere in fiamme per la velocità con cui correva! David faceva fatica a stargli dietro. In lontananza vide la strada sterrata e la casa di Timo in cima alla collina. Accellerò ancora di più, ma stava cominciando a cedere. Doveva non farci caso e continuare a correre.
In men che non si dica arrivarono alla casa. Timo saltò lo steccato, senza neanche aprire il cancello. David fece lo stesso. Per la fretta e la paura Timo non riusciva a trovare le chiavi di casa. Quando le ebbe tirate fuori dai pantaloni aprì la porta con le mani che gli tremavano. Prese David per un braccio e lo scaraventò dentro la casa, facendolo cadere a terra. Entrò anche Timo, sbattendo la porta dietro di sé e chiudendo le molteplici serrature. Finito di chiudere anche l’ultima appoggiò le mani sulla porta, immobile. David lo aveva guardato fin dall’inizio, steso a terra, con il fiatone e il cuore a mille. Alla fine Timo si girò. Si appoggiò pesantemente con la schiena contro la porta e scivolò fino a mettersi seduto. Piegò le gambe e appoggiò le braccia sopra le ginocchia. Abbassò il capo, chiuse gli occhi e riprese a respirare. Aveva un tremendo fiatone, miliardi di goccioline di sudore che gli scendevano dalla fronte. David deglutì. Era curioso di sapere cosa diavolo stava succedendo. “S-si può sapere…che sta succedendo?” Timo tirò su la testa e la fece ricadere all’indietro sulla porta. Dal movimento del pomo d’Adamo David constatò che aveva appena inghiottito. “E’ terribilmente sexy la sua gola…” Pensò David. “Sì. Scusami se non te l’ho mai detto in chat, ma è una cosa uscita poche settimane fa… Allora, avrai notato che alla destra del nostro paese c’è un bosco esteso, no?” David annuì. “Bene. Lì vivono tante specie protette e selvagge, come lupi, cervi, tassi, orsi e così via. Si è scoperto qualche settimana fa che gira un virus che colpisce i lupi. Questi escono fuori solamente di notte, per cibarsi. Però questo particolare è sempre stato così, perché di giorno ci sono gli umani che potrebbero ucciderli. Però è anche comune il fatto che aggrediscono le persone. Ora, se un lupo ha il virus e morde una persona, questa muore definitivamente. Se ti avvicini al cadere molto probabilmente verrai contagiato perché è un virus…micidiale, ecco.” “Per caso è la rabbia?” Chiese David. Timo storse il naso. “Mmh…una deformazione più pericolosa della rabbia. Però se il lupo è infetto non muore. Lui è solo un portatore di questa malattia…” Si fermò, poi aggiunse “Questi lupi stanno per la gran parte qui, nei boschi della Germania dell’est. Metti che su dieci lupi, due soli stanno nella Germania dell’ovest. I dottori hanno trovato subito il vaccino, però, da emeriti imbecilli, lo hanno portato prima dove non ce ne sono quasi per niente, cioè a ovest, e può darsi che qui i lupi non li verranno mai a curare, lasciandoci nelle mani del Signore! Solo perché l’ovest è disposto a pagarli una fracca di soldi!!!” Disse Timo arrabbiato. David abbassò il capo. Sospirò profondamente. “Se questa notte ne vedo uno che si aggira qui nei dintorni, te lo faccio vedere. Sono uno spettacolo meraviglioso, credimi!” Disse Timo guardando David. Questo alzò il capo e sorrise in direzione del tedesco. Timo si alzò in piedi con fatica e si diresse in cucina. “Vieni, ti va di fare cena?” “Mmmh…a me sì. Avrei una certa fame. A te?” “Se la fai tu la faccio pure io!” David rise. “Aaaaallora…tu di solito cosa mangi?” Chiese Timo aprendo uno sportello. Prese due scatole e le guardò, poi le rimise a posto frugando ancora nella credenza. David lo raggiunse. “Di tutto…” Mentì. Sì, perché il nostro bel norvegese era vegetariano. Non per sua scelta, però. Nel suo paese capita spesso, troppo spesso, che gli animali del bestiame siano malati e così la maggior parte degli abitanti in paesini poveri sono vegetariani per questo motivo, per evitare malattie e morte. A David piaceva fuor di modo la carne, ma oramai se l’avrebbe mangiata l’avrebbe fatto star male. Timo allora si girò verso David e lo guardò con un sopracciglio alzato. Poi puntò il dito indice verso David. “Tu…tu in chat mi avevi detto che eri vegetariano. E anche il motivo, che per altro è ben valido!” David si spiattellò una mano sulla fronte. “Oh! È vero. Non me ne ricordavo!” Timo rise. “Bèh, ti è andata bene… Perché anche io lo sono!” David spalancò gli occhi. Poi sorrise. Si avvicinò a Timo che stava ancora cercando dalla credenza. “Allora tu mangi anche macrobiotico?” Timo si girò verso David, con le mani ancora nella credenza che trafficavano per trovare qualcosa. “Io mangio solo macrobiotico, caro David.” Si girò di nuovo verso la credenza. “Quindi anche a te piace?” David annuì. Alla fine Timo spalancò gli occhi e tirò fuori le mani. “Aaahh! Eccoli! Ti piacciono i pasticci ripieni di riso e…verdure?” Disse leggendo dal pacco poi sollevandoli a mezz’aria guardando David. “Sììì, li adoro!” Disse David entusiasta. “Ok, Allora stasera si mangiano pasticci e…uh! Puoi vedere se nel frigo c’è la vaschetta del gelato?” David annuì mentre Timo stava andando ai fornelli. Aprì il frigo. “Ehmmm…quello macrobiotico o quello normale?” Chiese David incerto. Timo gli rispose con la testa in una credenza piccolina a rasoterra “A te quale piace?” “Sinceramente? A me quello macrobiotico fa venire il voltastomaco!” “Ah! Bèh, allora vada per quello normale!” David prese la vaschetta e richiuse il frigo. Era congelata e metterla fuori gli sarebbe servito a farla scongelare un poco! Tirò fuori la tovaglia. Timo ancora stava con la testa nella credenzina e ogni tanto muoveva il sedere come se ci fosse rimasto incastrato. David si soffermò su quel particolare. A parte il fatto che gli piaceva il sedere di Timo seminascosto dai larghi pantaloni, però era così buffo quando lo muoveva in quel modo! Cercò di non scoppiare a ridere, così, per tenere la mente impegnata per non pensare al sedere di Timo che si contorceva, cominciò ad apparecchiare. Finito di apparecchiare si mise seduto e fissò ancora Timo. “Ma che diavolo dovrà fare?!” Pensò David. “Eeehmm… D-David? Hai finito di apparecchiare?” Chiese Timo ancora in quella posizione. “Mmh…sì!” “Sei spiccio ora?” “Sì, perché?” “Ecco. Vedi…m-mi verresti a darmi una mano?” David a quella richiesta pensò a molti significati, e ad uno ne rimase scandalizzato. “In che senso?” Chiese per sicurezza. “Nel senso che sarei rimasto un po’ incastrato e…mi manca l’aria. Puoi tirarmi fuori?” “Oh!” Esclamò David capendo solo in quel momento il significato. Si tirò su in fretta e corse verso Timo. Quando si trovò davanti al culo del tedesco fece per prenderlo per i fianchi per poterlo tirare. Gli venne in mente un pensiero alquanto sconcio, così ritirò subito le mani e se le mise davanti alla bocca. “Madò che pervertito che sono!!!” Si alzò sulla punta dei piedi e guardò oltre il sedere. Alzò l’indice e fece per parlare, poi ritornò come prima, battendo con l’indice sul suo mento e arricciò le labbra. Fece spallucce e pensò “Tu guarda uno che deve fare per tirare fuori un amico da una credenza! Però lo devo fare perché è l’unico modo…” Allungò le mani a denti stretti e le posò sui fianchi di Timo. Quest’ultimo, a quel contatto su quel posto, si bloccò e cominciò a fantasticare. David si avvicinò ancora un po’ di più al sedere di Timo con il bacino, non troppo però, si piegò all’indietro e cominciò a tirare. Dopo un po’ cadde all’indietro, lungo per terra a pancia in su. Si ritrovò sopra Timo, che lo guardava. “Gr-grazie, Dave…” Disse Timo guardando ancora gli occhi del moretto. David annuì. “Ehmmm…ti potresti però tirare su ora?” Chiese David indicando con il dito indice il busto di Timo appoggiato sul suo. Dovette presto ammettere che si era eccitato un po’ sotto al tedesco. Anche lui era eterosessuale, però stare con uno come Timo non gli dispiaceva affatto. Così Timo si alzò e corse ai fornelli. David si rialzò subito e, avvicinandosi a Timo, tossicchiò un po’. “Ti…devo dare una mano a preparare qualcosa oppure hai i panni da stendere o da raccogliere…” Timo guardò David con un sopracciglio alzato, sforzandosi di non ridere. “Ma perché ‘sto poro figlio non si ricorda mai di nulla?!” Pensò Timo. “Ehmm…ci sono i lupi là fuori, David. Non ti manderei comunque a raccogliere o a stendere i panni adesso. Comunque no, devo solo cucinare…” E gli sorrise a quarantotto denti. Anche David sorrise. Gli rivenne in mente come lo aveva chiamato prima Timo. ‘Dave…’ “E-ehi, ma…com’è che mi hai chiamato prima?” Chiese allora David. Non che non si ricordasse, ma gli piaceva risentirlo quel nomignolo. A quel punto Timo si bloccò e guardò un punto avanti a sé. Poi storse il naso, si girò verso David e disse “Mi sembra Dave… N-non ti piace? Se vuoi non ti ci chiamo più…” “Nonno! Altrochè se mi piace! Mi ci puoi chiamare quando vuoi.” A Timo ritornò il sorriso sulle labbra. “Ah, ok allora…Dave!” Risero.
Si misero a tavola uno di fronte all’altro. In mezzo: una pentola con quattro pasticci fumanti, una bottiglia d’acqua e un po’ di fette di pane integrale. Mangiarono in silenzio. Poi Timo osò tirare fuori l’argomento ragazze. “Ehi Dave, tu sei fidanzato?” Questo alzò il capo dal piatto con la forchetta a mezz’aria e la bocca semiaperta. Poi posò la forchetta nel piatto e si pulì la bocca con il tovagliolo. Ritornò a guardare Timo. “No. In verità non lo sono mai stato… E tu?” Timo storse ancora il naso. “Fidanzato per me è una parola ancora troppo grossa. Diamine, ho solo diciassette anni!!!” Disse gesticolando. David trovava bello il tanto gesticolare di Timo. Lo faceva sentire a suo agio perché con il gesticolare capiva meglio ciò che provava. “Già! Di solito i ragazzi a quest’età sono ancora bambini. Però, come in ogni argomento, c’è sempre l’eccezione. Già a quindici, sedici anni alcuni ragazzi si trovano una fidanzata diversa ogni due settimane e pensano a storie serie…ma ho capito che questo non è il tuo caso.” “Giusto! E…a te piacerebbe avere una storia seria?” David ci pensò assottigliando gli occhi e guardando il soffitto. “Mmmh…non lo so. Mi piacerebbe stare con una ragazza perché mi piacerebbe provare quell’affetto che solo loro ti sanno dare. Poi le cose vengono da sole, no?” “Già…” “E quindi te sei fidanzato. Da quanto?” “Mmmh…un anno e mezzo circa!” “Cavolo, molto quindi! E, se posso chiedere…è una storia seria?” “Diciamo che lei crede che sia una storia seria. Per me noi due ci frequentiamo e basta. Però…cioè, come te lo posso dire…” Disse Timo grattandosi il collo. Le sue guance avevano assunto un colorito rosso. Allora David gli diede una mano “Fate l’amore?” Timo battè un colpo con le mani. “Sì, è quello che volevo dirti!” David rise. “E’ un discorso imbarazzante per te?” Chiese il moro. “Ehmm…no. Volevo arrivare proprio a questo per poter parlare da uomo a uomo. Allora…io con questa ci ho perso pure la verginità, mentre lei l’ha persa mooolto prima. Ah, lei ha quattro anni più di me.” Disse Timo come se fosse una cosa ovvia e abbastanza normale. “Quanti? Quattro?! Timo caro, ci vai giù pesante!!!” “Lo so! E lei…mi sottomette! È questo che mi da fastidio. Fa sesso da quando aveva quattordici anni e…mi costringe a farlo senza preservativo, capisci?” L’ultima frase la disse sottovoce come se lo potesse sentire qualcuno. “E…e io non ci tengo ad avere un figlio a diciassette anni. Ma neanche dopo i venticinque! Lei non mi piace più di tanto, però…serve al nostro gruppo.” “E…perché al vostro gruppo?” “Perché lei è la nipote del capo della nostra casa discografica. E quando stavo insieme a lei abbiamo firmato il contratto e lei era insieme a noi nel momento in cui abbiamo messo la firma, quindi lo zio è venuto a sapere solo in quel momento che ci frequentavamo e sappiamo quanto tiene alla sua nipotina. Se la lascio, perdiamo tutto! Me lo ha detto lui.” “Ma questo è un ricatto bello e buono!” “Lo so, ma può farlo. E poi, David, con lei non si chiama ‘fare l’amore’. È scopare e basta, senza alcun sentimento!” “Ma te, quando lo fai, non…esci fuori da lei prima di…” “Venire?” “Giusto, venire. Allora?” “Mmmh…sì, ma la minor parte delle volte. Le volte in cui lei dopo mi fa una ramanzina!” “Ma allora come fa a non rimanere incinta così?” “Bèh, prende la pillola del giorno dopo. È frustrante parlare di questo per te, vero? L’ho capito perché sei un po’ rosso sulle guance…” David si passò una mano sulle guance, poi sorrise. Alzò le spalle e disse “Naaa, non m’importa. Alla fine questi discorsi servono a qualche cosa, no?” “Già…” Timo voleva chiedergli anche se lui aveva mai provato qualcosa per una persona del suo stesso sesso, ma non ne ebbe il coraggio, così quel dubbio gli rimase nella testa. “Ora mi sento meglio, grazie! Gelato?” Disse prendendo la vaschetta. David annuì e sorrise. Mangiarono in silenzio, poi si stesero sul divano. “Una domanda…come mai non hai mai avuto una ragazza? Cioè, ne avrai frequentata almeno una, no?” Chiese Timo guardando David in volto. Questo, invece, sembrava voler schivare a tutti i costi lo sguardo del tedesco. “No, non sono stato mai con nessuna ragazza, fidanzato intendo. Però ne ho frequentate due o tre, ma nessuna di loro mi faceva sentire a mio agio…” “E…come mai?” “Bèh…ecco…erano troppo diverse da me. Sempre a pensare al trucco e sempre a guardarsi le unghie. Uscivano sempre a fare compere invece di stare con me. Ma quello che mi dava più fastidio era il loro gusto in fatto musicale. Ascoltavano tutte l’house! E si permettevano anche di criticare la mia musica classica e di sbeffeggiare gli indiani! A me piace una ragazza semplice, che ami stare tra la natura o che gli piaccia correre tra i campi… Ma di questi tempi ne trovi ben poche così!” “Già! E…quando hai dato il tuo primo bacio, se posso chiedere?” “Non l’ho dato.” La faccia di Timo dovrebbe essere stata una cosa tipo questa: O_ò. Buffa no? “V-veramente?” “Già. E tu quando l’hai dato? E come è stata la tua prima volta? Non vorrei sembrare impertinente, se vuoi puoi non rispondermi!” “Non preoccuparti, tranquillo! Allora…il primo bacio a quattordici anni. Poi non è che è stato subito un bacio a stampo, ma una pomiciata, ecco! Oddio che discorsi!” Disse Timo coprendosi il volto con le mani. “Oh, se vuoi puoi fermarti.” “No, no. È che mi fa ridere! Poi…ripensando alla mia prima volta mi viene…rabbia…e nausea. Non volevo di sicuro farlo con Jennifer, la nipote del capo. L’unica consolazione è che non lo facciamo tutti i giorni!” David rise. “Mi puoi descrivere questa Jennifer?” “Oh, bèh…è bassetta, magra, ha i capelli biondi e gli occhi azzurri. È una di quelle che non piacciono a te!” David rise. “Poi…è presuntuosa e…sai le cheerleader americane? Uguale! Ecco la descrizione di Jennifer. A parte che la vedrai domani, alle prove. Viene anche lei.” “Oh, ok.” Disse David sorridendo. Timo sbadigliò, portandosi una mano davanti alla bocca e stiracchiando le braccia. “Hai sonno?” Gli chiese David. “Un po’. Te?” “Anche io. Non è neanche tanto tardi. Sono appena le dieci. Andiamo a dormire?” “Se vuoi, sennò restiamo qui.” “Visto che sei stanco andiamo a letto. Tanto io mi addormenterò subito!” Timo rise dolcemente. “Il viaggio ti ha stancato, vero?” Glielo chiese come un amico affettuosissimo. David annuì. Allora Timo si alzò e fece un segno con il capo di andare di sopra. Salirono le scale ed entrarono nelle camere, dandosi la buona notte. David “Mammamia che dolce che è! Non avrei desiderato nulla di meglio. E poi è così buffo e ha un buon senso dell’umorismo. Questo posto lo adoro! È così accogliente sia la casa di Timo sia il villaggio… Però casa mia mi manca un sacco. Mammina mia, ti vorrei qui accanto. Jeg bare gjor det for mitt eget beste, for a laere sprak, til Grim arbeid. A redde familien. God natt…”
Timo “Che bel ragazzo che è… No, sono etero cazzo!!! Però è un po’ distratto, con la testa fra le nuvole…e un po’ affemminato, devo dirlo! E’ fantastico! Vabbè, dai. Ho sonno e voglio dormire. Notte!”

“Dave…Dave, svegliati!!!” Sentì sibilato nell’orecchio. Si svegliò, quasi sobbalzando. “Eh? Che c’è?” Chiese David guardandosi intorno. Vide Timo che gli teneva una mano sulla spalla e gli sorrideva. Si portò l’indice alle labbra “Ssshh…” E con lo stesso indice indicò la finestra. David, confuso, guardò nella direzione indicatagli da Timo. La luna lo abbagliò. Era bellissima, tonda come un biscotto. Si alzò dal letto per vedere meglio. Si accostò piano al vetro e vide di sotto, in giardino. Timo lo seguì e si mise dietro di lui. David rimase incantato da ciò che vide: due lupi, uno bianco, l’altro grigio e nero, si aggiravano nel giardino di Timo, annusando l’aria furtivi. Uno ululò. David sobbalzò ancora una volta. “Non sono bellissimi? Sono i miei animali preferiti…” Disse Timo da dietro di David. Questo annuì, senza voltarsi ne dire una parola. “Ritorno a dormire. Spero che ti abbia fatto piacere vederli…” Timo fece per andarsene, ma David lo fermò con una sola parola “Grazie…” Timo si voltò verso di lui. Gli fece un sorrise talmente dolce da far sciogliere David come burro su una pentola calda e se ne ritornò in camera sua, chiudendo piano la porta. David restò ad ammirare i lupi finché non svanirono di nuovo dietro la collina, portando con loro anche i sogni che David stava creando nella sua mente, facendolo ritornare alla realtà.
 
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