Fiss Au Pair

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lalla1595
view post Posted on 1/9/2010, 14:36 by: lalla1595




Allora, ecco a voi un altro capitolo fresco fresco. Dimenticavo, il prossimo capitolo potrà andare un pò alla lunga perchè domani partirò con la scuola e tornerò fra dieci giorni. Non ho mantenuto la mia promessa di scrivere due capitoli e di postarli in due settimane a causa di impegni vari e quindi mi scuso. Ma bando alle ciance: ecco il nuovo capitolo!

CAPITOLO 3

Il mattino dopo David si svegliò con lo stomaco sottosopra. La prima cosa che fece fu portarsi una mano alla pancia. Aprì gli occhi. La stanza era buia a causa della finestra chiusa, da cui trapelavano alcuni raggi pigri del sole mattutino. Si guardò intorno, poi fece ricadere la testa sul cuscino. Si portò faticosamente una mano sulla fronte. Quella notte non era stata particolarmente calda. Dopotutto la Germania è un paese del nord, la notte anche a giugno è fresca. Però sentì freddo sulla schiena. Si alzò a sedere e si portò una mano sotto il pigiama di cotone. La schiena e anche la maglietta erano completamente bagnati. Si appoggiò alla testata del letto, cercando di ricordare quale strano sogno aveva fatto quella notte. Di solito sudava così tanto quando faceva gli incubi e quella notte non aveva sudato certamente per il ‘caldo’ che non c’era stato. Lasciò una mano a massaggiarsi la pancia piatta. Nel frattempo che pensava si tolse la maglietta, rimanendo a torso nudo. Le coperte gli coprivano fino al bacino. Poi un flash gli passò in mente. Era stato così violento il passaggio del ricordo di quel sogno che gli era sembrato per un momento che stesse accadendo davanti ai suoi occhi. Il cuore cominciò a battergli velocemente, il respiro gli si fece pesante. Ora si ricordava perfettamente. Aveva sognato il suo villaggio in fiamme. La sua famiglia sterminata dal fuoco e lui restava a guardare la scena, impotente. Una lacrima gli scese silenziosa sulla guancia. Non era strano che facesse sogni del genere. Non era, cioè, la prima volta che gli capitava di fare un sogno simile. Aveva paura che sarebbe accaduto anche al suo paesino come stava succedendo agli altri comuni vicini a causa di piromani e zingari. Scosse la testa facendo finire alcuni ciuffi dei lunghi capelli davanti al viso, si alzò dal letto e aprì la finestra. Erano appena le otto di mattina. Lui era sempre stato un mattiniero. Si spogliò anche dei pantaloni del pigiama, piegò il tutto e lo infilò sotto il cuscino. Stava per infilarsi i jeans quando si accorse di avere anche le mutande bagnate. “Cavolo!” Esclamò a bassa voce. Fece un lungo sospiro. Era da tempo che non si masturbava e quella sera, proprio a casa di Timo, ne aveva subito le conseguenze. “Ma non mi poteva capitare due giorni fa a casa mia?! No! Proprio a casa di Timo!!! Fuck!” Non gli andava di correre in bagno mezzo nudo. Non si era mica pisciato sotto! In fondo si sarebbero asciugate in fretta. Con questo pensiero alzò le spalle e si infilò i jenas. Cercò di tirarsi il più giù possibile il cavallo dei jeans per non farlo inumidire dalla venuta. Si infilò una maglietta a maniche corte, un po’ più larga di quella che indossava il giorno precedente, nera con un disegno di un dragone sul davanti. L’aveva comprata in un negozio di cinesi nel suo paese prima di partire. Adorava quelle fantasie un po’ da metallari! Uscì dalla sua camera richiudendo dietro di sé la porta piano. Zampettò lungo il corridoio cercando di non fare rumore. Osservò che la camera di Timo era ancora chiusa, quindi ancora dormiva…oppure si faceva i cavoli propri, pensò David. “Più intelligentemente di me che mi sono venuto sopra!!!” In quel momento si spalancò la porta della camera di Timo. David si pietrificò. Timo era con una mano sulla maniglia della porta e l’altra a grattarsi il collo, sonnecchiando. “Oh! Buongiorno Dave! Siamo mattinieri, eh!” Esclamò Timo. David cercò di parlare, ma non ci riuscì. Cosa avrebbe pensato nella sua testolina Timo? Lo aveva trovato davanti alla sua camera, fermo. David stava solo pensando, ma questo Timo non lo sapeva. Questo si sporse un po’ in avanti piegando la schiena e guardò David fisso negli occhi. Poi gli passò più volte una mano davanti al viso. David scosse impercettibilmente la testa e ritornò in sé. “Scusami se ti ho svegliato! Non mi volevo fermare proprio davanti alla camera tua, ma mi è venuto un pensiero talmente importante in testa da farmi bloccare…proprio davanti alla tua camera…” Cercò di spiegare David. Timo ancora lo guardava. “Io non ho chiesto perché stavi proprio davanti alla mia camera. In effetti non mi importava, perché forse stavi camminando proprio quando ho aperto la porta, oppure ti eri fermato a pensare, come hai detto tu, oppure…stavi origliando…” Disse Timo sorridendo e assottigliando gli occhi, avvicinandosi ancora di più al viso di David, questa volta con tutto il corpo. “Oh, nononono, non stavo assolutamente origliando, ti giuro!” Esclamò David mettendosi davanti le mani e agitandole freneticamente. Timo scoppiò a ridere. David lo guardò allibito. “Non ho capito cosa ci trovi di tanto divertente in questa situazione tanto imbarazzante per me!” Esclamò David con le guance rosse per l’imbarazzo. “Ahahahah! Ti credo sulla parola, David. Non mi sembri affatto un pervertito. È che sei così carino quando arrossisci!!!” Timo continuò a ridere per un po’, poi smise di ridere a poco a poco, resosi conto di quello che aveva appena detto. “Volevo dire…sei così buffo, insomma…fai ridere, Dave!” Disse cercando di rimediare. Però la frase vera era la prima e in cuor suo, Timo lo sapeva benissimo. “Oh, grazie eh!” Disse David. “Allora io sarei buffo quando mi imbarazzo perché sembro un pervertito che origlia alla porta del ragazzo che lo ospita?” “Ah! L’hai detto! Stavi origliando!!!” Disse Timo puntando l’indice verso David. Scoppiò di nuovo a ridere in una fragorosa risata, tenendosi una mano sulla pancia. “Ho detto ‘sembro’!!! Eppure mi sembra di averlo detto bene in tedesco! Sembro, non sono!!!” Disse incerto e anche un po’ esasperato. David sospirò. “Oddi, og exasperating!” Esclamò in norvegese. “Che?” Chiese Timo con le lacrime agli occhi. “Ho detto ‘Oddio, è esasperante!’!!!” Timo rise ancora più forte. Si calmò poco dopo. “Maria, che risata che mi sono fatto! Sai, David? Mi ci trovo molto bene con te!” “Sono contento!” Disse David sorridendo. Timo gli diede una pacca vigorosa sulla spalla. David cercò di sorridere, ma gli uscì una smorfia di dolore. “Andiamo a fare colazione! Ti va di andare al bar? Tanto il barista non fa pagare più di tanto, sono molto economici. Per una pasta alla crema o alla cioccolata e un cappuccino puoi portarti due euro e cinquanta centesimi.” David annuì e corse a prenderli in camera, nella borsa a tracolla dove c’era il portafoglio. Uscì dalla camera, si girò verso la porta per chiuderla e quando si girò verso il corridoio si trovò Timo davanti che lo guardava. David per lo spavento si appiattì con la schiena contro la porta della sua camera, ma senza farlo notare più di tanto. Gli stava fin troppo vicino, pensò. Timo si avvicinò al collo di David. Questo scostò di lato la testa e strinse i denti. Non seppe bene il motivo, ma lo fece. Smise di respirare e guardò il soffitto. A quel punto Timo scostò con l’indice della mano sinistra un ciuffo di capelli che era finito sopra il collo del norvegese. Ora capiva il motivo del suo irrigidimento. Essere toccato o anche solo stare troppo vicino a Timo lo faceva sentire a disagio: il cuore cominciava a battergli, cominciava a tremare un poco e respirava a fatica. Anche le parole gli rimanevano bloccate in gola. “Perché sai così rigido, Dave. Mmmh…hai un così buon profumo…” Disse Timo annusandogli il collo. David poteva sentire il fiato di Timo solleticargli un punto del collo. Poi si alzò su di scatto e, guardandolo, gli chiese “Che fragranza è?” “Come? Me lo puoi dire più semplice? N-non ho capito…” “Ah, ehm…che marca è il tuo profumo?” Gli disse Timo sillabandogli ogni parola e toccandosi il collo. David rimase un attimo con lo sguardo fisso sul terreno. Poi si annusò la maglia e disse “Oh, niente profumo. È il mio naturale o…bagnoschiuma!” Timo sorrise. “Capito. Bene, ci incamminiamo verso il bar?” David annuì silenziosamente. Era rimasto un po’ scioccato da ciò che aveva fatto Timo.
Però ne era rimasto scioccato positivamente.
Uscirono di casa, inchiavando, e si incamminarono giù per il sentiero imbrecciato. Stavano tutti e due in silenzio, con le mani nelle tasche. David camminava poco più avanti di Timo. A quest’ultimo andarono gli occhi sul fondoschiena di David. “Perché porta i jeans così calati? Però! Che bel sedere!” Pensò. Si diede i pugni mentalmente poco dopo. “Ehi, Dave. Ti serve una cinta?” Scappò detto a Timo. Questo si tappò la bocca, ma David non lo notò. Il norvegese arrossì di brutto. “Fortuna che non mi vede il viso… Però mi vede il deretano!!!” “Eeehmmm… No grazie, ne ho due in valigia…solo che oggi ho scordato di metterla…” Cercò di sviare. “Ah, ok.” Disse Timo tirando un sospiro di sollievo.
Arrivarono al bar. Si misero seduti ai tavolini che stavano nell’edificio e ordinarono la colazione. Cominciarono a mangiare tranquilli, finché Timo non notò David che si muoveva impercettibilmente sul posto, nervoso. “Ehi, David, cos’hai?” Chiese Timo con in bocca un pezzo di croissant alla nutella, masticandolo. David arrossì ancora di colpo. “Oh! N-niente, Timo.” Disse sorseggiando del tè caldo dalla sua tazzina guardandosi intorno cercando di sembrare il più indifferente possibile. Timo storse il naso poco convinto. Alzò le spalle. David cominciava ad avere un erezione, e neanche tanto innocua, e sarebbe venuto a momenti. Poggiò la tazza sul tavolo cercando di stare calmo. Però, non appena il fondo della tazza toccò la superficie liscia del tavolo, si alzò su di scatto e corse al bagno. Timo rimase con i gomiti appoggiati al tavolo e tra le mani il croissant che stava giusto mordendo quando David si era alzato e lo aveva lasciato un po’ interdetto. Restò con lo sguardo fisso, poi sbatté le palpebre ripetutamente e staccò un pezzo di croissant e, masticando, si girò verso la porta del bagno. “Lo dicevo io che aveva qualcosa!” Disse come se stesse parlando con un’altra persona.
Intanto David si era chiuso in una cabina del bagno e si strofinava ripetutamente la mano sui pantaloni. Più che sollievo si accorse che stava cominciando a dargli bruciore. Oltre che allo strofinare della mano c’erano le mutande a dargli fastidio. Stava appoggiato ad uno dei tre muri stretti della cabina e con le gambe leggermente divaricate. Allora strinse il cavallo dei pantaloni e prese a strofinare insistentemente e con più forza. Appoggiò la testa al muro e i capelli gli scesero sulle spalle. “Mannaggia! Perché proprio ora?” Pensò. “Sarà qualcosa che ho mangiato ieri sera…ma è quello che mangio anche in Norvegia e non mi ha fatto mai nulla!!! Eppure non ho visto nessuna bella ragazza nel bar o per strada…forse…” E il suo pensiero si fermò su una cosa che non avrebbe mai creduto che gli avrebbe fatto quell’effetto. “Sarà il cane che ho visto prima sul sentiero imbrecciato? Ma no!” E la sua mente si spostò su Timo. David sgranò gli occhi all’idea che Timo potesse fargli un effetto del genere. Ritornò con i piedi per terra. A farlo ritornare alla realtà era stata la preoccupazione di non riuscire a venire. Si slacciò i pantaloni e se li tirò giù, fino alle ginocchia, insieme alle mutande. A quel punto qualcono bussò alla sua cabina. Si bloccò di colpo. “Dave? Ci sei tu? Stai bene? Devo…” “Posso entrare?” Pensò Timo. In realtà Timo sapeva cosa stesse succedendo a David. Ci era arrivato poco dopo la sparizione del norvegese nel bagno. In fondo era capitato anche a lui qualche anno prima, quand’era ancora un verginello che non sapeva nulla del sesso e pensava ancora che i bambini li portavano le cicogne. “Devo chiamare qualcuno?” Disse infine. David si affrettò a dire “No! No, tranquillo. Sto benissimo, è solo che mi hanno chiamato i miei dalla Norvegia e sono corso qui per rispondere. Fr-fra poco arrivo, Timo.” “Vabbè. Ti aspetto là.” “Ok, grazie.” Sentì Timo uscire e tirò un sospiro di sollievo. Si mise dinnanzi il water per non sporcare.
Timo si sedette al tavolino e attese per altri tre minuti, sorseggiando il cappuccino che ancora doveva terminare. Poco dopo arrivò David con il fiatone. “Oh, eccoti! Allora? Cosa hanno detto i tuoi?” Chiese Timo sorridendo. David si portò una mano dietro il collo e prese un ciuffo nero, arrotolandoselo sulle dita. Sembrava incerto o nervoso. “Oh! Bèh…gli ho raccontato un po’ di te, del posto e di ciò che abbiamo fatto ieri. Però non ho raccontato loro dei lupi. Si preoccuperebbero per nulla!” Disse facendo un gesto con la mano. Timo sorrise. Sapeva che stava mentendo, però non voleva darlo a vedere a David. Poi si alzò e, prendendo le tazze con i piattini per dolci, disse “Vado a portarli al bancone e pago il conto.” Fece per girarsi quando David lo afferrò per un braccio. Il cuore di Timo perse un battito al contatto fisico. “Aspetta! Quanto devo darti? Allora vengo anch’io con te per pagare, no? Così non ti imbrogli con i miei e i tuoi soldi..” Disse David. Timo si girò e guardandolo negli occhi disse “Offro io, Dave!” Questo boccheggiò lasciando la presa su Timo. Cercò di raggiungerlo, ma la prima cosa che Timo fece invece di poggiare le tazze e i piattini sul bancone fu pagare il conto. David schioccò le dita “Accidenti! Perché fa così?” Pensò. Timo ritornò tutto soddisfatto. David si affrettò a dire “Quanto devo…” Schioccò le dita più volte. Non gli usciva la parola esatta in tedesco. “Ridarmi, dici? Non devi ridarmi nulla! È una cavolata, dai Dave!” “Come ‘dai’? Dammi lo scontrino, su!” Timo fece un sorriso beffardo e, girando le spalle a David, uscì dal bar. David lo raggiunse camminando a passo spedito. “Eddai, Timo!” Gli prese la mano, se la rigirò così da mettere il palmo all’insù, e gli fece aprire le dita. Ma Timo le richiuse a pugno prima che David potesse mettergli i soldi nella mano. Timo si divincolò e con facilità tolse la mano dalla stretta di David. Gli fece la linguaccia e gli disse “Non sono neanche esatti. Tanto lo scontrino non te lo do!!!” E si mise a correre su per la strada imbrecciata. Anche David cominciò a correre. Lo raggiunse e, appena gli fu dietro, gli allargò una tasca dei pantaloni che si trovava sul sedere, e gli prese lo scontrino. Lesse e mise i soldi e lo scontrino nella tasca. Timo si girò di colpo e disse “Dai, Dave. È una sciapata! E poi hai pagato il viaggio, mi fai le pulizie, ti paghi i libri e i dizionari…” “E tu mi passi a mangiare e mi aiuti nelle pulizie! Tieni questi soldi altrimenti te li infilo in bocca!” Timo scoppiò in una fragorosa risata seguito da David. Senza preavviso e con una mossa fulminea David ne approfittò e mise i soldi incartati nello scontrino nella tasca davanti dei pantaloni di Timo. Questo sobbalzò appena sentì la mano di David nella sua tasca. Sempre sorridendo li ritirò fuori e prese un braccio di David con tutte e due le mani e cercò di mettergli i soldi nella mano aperta. David prese la braccia di Timo e, per puro caso, tutti e due si strattonarono a vicenda così da avvicinarsi pericolosamente. I loro bacini si attaccarono come due calamite e così anche i loro busti. David tendeva a stare piegato all’indietro con la schiena, come se stesse cadendo, ma le mani di Timo gli stringevano forte gli avambracci. Entrambi si bloccarono. Timo guardava David. Questo, con vari ciuffi davanti agli occhi, sembrava sconvolto. Aveva il fiatone e il suo sguardo saettava dalle labbra agli occhi marroni di Timo. “Sono così profondi…” Pensò tra mente sua. Insieme fecero un balzo all’indietro così da staccarsi definitivamente e andare a un metro di distanza l’uno dall’altro. Timo guardò il cielo grattandosi una guancia. David, invece, portò le mani nelle tasche dietro dei jeans e abbassò lo sguardo. Infine il moro disse con lo sguardo basso “Tieni quei soldi e non discutere.” Timo sospirò. Aprì la mano e li guardò. Poi alzò la testa guardando David e sorrise. Gli andò vicino e gli schioccò un bacio sulla guancia. David trasalì alzando lo sguardo quasi si fosse impaurito. O forse si era solo stupito del gesto del tedesco. Arrossì. Timo poté ammirare gli occhi lapislazzuli di David brillare e le guance rosse che spiccavano sul fondo bianco della pelle. Il tedesco sorrise e cominciò a correre. Voleva fuggire da ciò che aveva appena fatto. Non avrebbe dovuto farlo, ma lo voleva e l’istinto lo aveva portato a fare quella puttanata. David invece ne era rimasto meravigliato e allo stesso tempo felice. Così cominciò a rincorrere Timo che rideva, apparentemente davanti a lui. Arrivarono alla casa. David saltò lo steccato dopo di Timo. Questo aprì velocemente le porta e, entrato nella casa, gridò saltellando “Primo! Ti ho fregato Dave!!!” David rise vedendo Timo fare così. Salì i quattro scalini che lo separavano dalla porta, si piegò e portò entrambe le mani sulle ginocchia, per appoggiarsi. Aveva il fiatone. Alzò la testa e guardò Timo. Si sorrisero. Appoggiò una mano sullo stipite della porta ed entrò zoppicando. Timo chiuse la porta ridendo. Poi, rivolgendosi con il corpo e lo sguardo a David, batté una volta le mani e se le strofinò. “Bene! E ora che facciamo? Abbiamo da fare pulizie, compiti per la scuola oppure…oziare! Quale scegli? Io ti dico che preferisco più di tutte oziare!” Esclamò Timo. David rise. Si erano seduti sul divano uno vicino all’altro. David alzò il capo e con gli occhi assottigliati guardava il soffitto, pensoso. “Bèh…penso che ora non si possa proprio oziare. A guardare questa casa c’è un po’ di polvere… Potremmo provare a pulirla tutta, tanto è piccolina e in due si può fare!” Disse guardando Timo con due occhi grandi grandi. Timo era rimasto interdetto, con una smorfia in volto. “Dici tutta la casa?” Pigolò. David annuì. “Così faremmo trovare ai tuoi amici la casa pulita e accogliente.” Disse David. Timo si ritrasse ridendo e fece un gesto con la mano come per dire ‘ma và, và!’. “Ma sai che gliene può fregare a quelli. Sono più porci di me anche se vivono in una famiglia insieme ai loro genitori!” “Vabbè, almeno se lo facciamo oggi non dovremmo farlo un altro giorno…” Disse David a sguardo basso torturandosi le mani e mordendosi un lato del labbro inferiore. Era un po’agitato per l’incontro di quel pomeriggio con gli amici di Timo. Avrebbe fatto loro buona impressione? Oppure si sarebbe creato dei ‘nemici’ già la prima settimana? “Sai? Hai ragione! Aspettami qui, vado a prendere il materiale e ad accendere la radio…” E corse via. “A che ti serve la radio, Timo?” Gridò David alzandosi sulle punte come se potesse vederlo e inclinando un po’ la schiena e il capo tenendosi in equilibrio con le braccia leggermente alzate dai fianchi. Partì una musica metal. Le orecchie di David si tesero al massimo e, ascoltando, si disse che il gruppo che suonava non era niente male. Timo ritornò con due pannelle sulle spalle, straccio, scopa e secchio nella mano destra e aspirapolvere, stracci vari e spruzzetti per le varie superfici nella sinistra. Il secchio era pieno a metà di acqua e immerso nell’acqua c’era il contenitore del liquido per pulire il pavimento con lo straccio. David sbuffò una risata e scosse la testa. gli corse incontro e gli prese un po’ di attrezzature dalle mani per aiutarlo. Timo gli sorrise “Grazie…” David gli fece l’occhiolino di rimando. Appoggiarono il tutto a terra. “Come si chiama questo gruppo? La loro lingua non la conosco…” Chiese David curioso. “Oh! Sono gli Eluveitie. Sono un gruppo svizzero, ma cantano in una lingua celtica estinta che prima si parlava nelle zone dove ora si parla il tedesco. Infatti, se ascolti bene, un po’ gli assomiglia…” David allungò il collo nella direzione del suono, poi storse il naso e disse “Non riesco a distinguere bene…” Timo sorrise. “Diamoci da fare, Dave!” Questo annuì. Prese una pannella dalle mani di Timo, la indossò e legò il laccio dietro la schiena. Prese un elastico dal polso sinistro che usò per legare in una coda di cavallo i lunghi capelli. Timo guardò David per un istante e si accorse di una collana che il moro aveva al collo. Il ciondolo era meraviglioso: un involucro di metallo lucente racchiudeva una pietra azzurra con sfumature blu. L’involucro lasciava intravedere la pietra per metà, come se fosse stato la corolla che racchiude i petali di un fiore prima che sbocciasse. Non l’aveva mai notata prima, forse perché gli era uscita dalla maglia o forse perché i lunghi capelli neri la coprivano. David si abbassò per tirare fuori il contenitore del sapone per pavimento dal secchio pieno d’acqua. Non si era accorto dello sguardo di Timo, così questo ne approfittò per guardarlo ancora per un po’. Il ciondolo dondolava dal collo di David, così lo prese e se lo infilò nella maglia, forse perché gli dava fastidio, pensò Timo. Le gambe erano dritte come manichi di scopa, quindi solo la schiena si era piegata per prendere il contenitore, ma David alla fine si inginocchiò per terra per poi tirare fuori il contenitore bagnato, asciugarlo con la pannella di stoffa e aprire il tappo per versarne il contenuto. “Assomiglia a Cenerentola…con i capelli neri!” Pensò Timo. Gli scappò un risolino. David con una mano mescolò l’acqua e il sapone e ci intinse lo straccio. Si tirò su con lo sguardo fisso sul secchio, poi rivolse la sua attenzione a Timo. “Ok, lasciamolo qui ora. Intanto spolveriamo questo piano e il piano superiore.” Timo annuì, poi aggiunse “Che ne dici se io spolvero questo piano e tu quello superiore?” “E chi finisce prima prende l’aspirapolvere e passa il suo piano. L’altro appena ha finito il suo lavoro lo segue con lo straccio!” Aggiunse David come se stesse leggendo nella mente di Timo. Annuirono concordi.

Un’ora e mezza dopo…

“Oh! Oddio…” “Timo sto venendo…” David corse giù per le scale. Trovò Timo intriso di polvere. Ancora sulle scale, David appena vide lo spettacolo si bloccò di colpo. Gonfiò le guance “Prrr… Ahahahah!!!” E scoppiò in una fragorosa risata. Si portò una mano sulla pancia e si mise seduto su una scala per il troppo ridere. Timo sembrava un marocchino. Guardava David con le labbra arricciate, ma dopo un po’ scoppiò a ridere anche lui. Gli era scoppiato il sacco della polvere che stava giusto togliendo per buttarlo via. David batté varie volte una mano sulla scala. Aveva gli occhi lucidi e delle lacrime gli scesero lungo le guance. “Oh… Mammamia! Fortunatamente il piano di sopra ho appena finito di passarlo con lo straccio. Se ci succedeva a metà lavoro…mi sarei strappato tutti i capelli dalla disperazione! Ahahahah!!!” Si piegò all’indietro. Anche Timo rise forte. David portò gli stracci, gli spruzzini e il secchio con lo straccio bagnato, il contenitore e la scopa da straccio al piano di sotto per poterlo ripulire di nuovo.
Rispolverarono tutto. Ripassarono l’aspirapolvere e passarono anche lo straccio e, dopo aver aperto le finestre per poter far asciugare più in fretta, Timo e David si fecero una bella doccia rinfrescante, uno alla volta però! Dopodichè si sedettero al tavolo e cominciarono a fare un po’ di compiti. Sedevano uno di fronte all’altro e al lato del tavolo c’erano un po’ di libri sparpagliati. Timo si azzardò a dare uno sguardo a David: stava con un libro sotto gli occhi, una mano la teneva appoggiata sulle pagine, l’altra teneva una matita che stava morsicando. Era concentrato a leggere un libro di epica. “Cosa leggi, Dave?” Chiese Timo assottigliando gli occhi, alzando il capo dal libro e portandosi anch’esso la matita alla bocca. David alzò il capo verso Timo, si tolse la matita dalla bocca e disse “Oh, sto leggendo delle leggende nordiche.” Sorrise in direzione del tedesco. “E te?” “Io sto facendo un disegno manga, che ci ha dato da fare quella di arte per esercizio: una ragazza manga mezza nuda. Ci ha detto proprio così!” Risero. David si era legato di nuovo i capelli dopo la doccia. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse facendo scivolare la pancia sopra le sue braccia fino ad arrivare con lo sguardo sopra il disegno di Timo. Un disegno accennato di una ragazza indiana del nord America con una gonnellina strappata, cortissima, e un top appena accennato, anch’esso strappato. Questo lasciava intravedere gran parte del seno sotto il capezzolo. In una mano teneva un’accetta tipica degli indiani d’America e la leccava sensualmente. Stava inginocchiata e si teneva stabile con una mano appoggiata al terreno dietro la ragazza. Era un disegno bellissimo! “Wow! È…fantastico, Timo!” Timo sorrise dolcemente a David. Questo alzò il capo per guardare il tedesco e, appena si accorse del sorriso, riabbassò il capo velocemente, arrossendo visibilmente. Ritornò a sedere sulla sua sedia e riprese a leggere, senza dire nulla. Timo sorrise maliziosamente e riprese a disegnare, mordicchiandosi l’indice della mano sinistra.

“Oggi tortellini alla boscaiola! Va bene, David?” Disse Timo accendendo il gas per far bollire l’acqua. David lo guardò. Il tedesco ritrasse velocemente la mano dal gas, agitandola, forse perché si era scottato mentre cercava di accenderlo. Si appoggiò ad un davanzale, con le mani dietro la schiena, e guardò David. Questo scosse impercettibilmente la testa per risvegliarsi dai suoi pensieri e si affrettò a dire “Per me va benissimo!” Si sorrisero. Entrambi si aiutarono per preparare il pranzo e poi apparecchiarono la tavola. Cominciarono a mangiare. “Mmmh… Che bontà! Bravo Timo!” Esclamò David. “Oh grazie, Dave! Però, non sono poi tanto male… Pensavo venissero peggio!” David sorrise. “Posso farti una domanda?” Chiese Timo. David annuì. “Che tipo di ragazza ti piace?” David ci pensò un po’ su. “Bèh…ti dico che d’aspetto non mi importa. Certo, deve essere una ragazza decente! Però di carattere…timida, gentile, romantica fuori e dentro una leonessa…” “Cazzo, non pensavo ti piacessero quel tipo di ragazze!” “Ahahahah! Sì, è vero…ah! Deve essere più bassa di me, di età uguale o più piccola. Quelle più grandi…non lo so…mi danno un senso di sottomissione. Tipo che lei può sembrare tua sorella, capito?” Timo sghignazzò. “Giusto. Ma Jennifer se la vedi sembra più piccola di me, di età dico.” “Capito… Ma a che ora arrivano loro?” Timo guardò l’orologio appeso alla parete. “Verso le quattro e mezza… Sei agitato?” Gli chiese Timo sporgendosi un po’ verso di lui. David lo guardò. “Come fai a saperlo?” Chiese David. “Non lo so…mi è parso di vederlo nei tuoi gesti. Dai, non preoccuparti. Sono dei mattacchioni!” David sorrise abbassando lo sguardo.

Qualcuno suonò alla porta. A David balzò il cuore in gola e si alzò su di scatto con la schiena dallo schienale del divano. Timo si alzò in piedi e, calmo, andò ad aprire la porta. David nel frattempo si era sporto oltre lo schienale del divano per poter vedere chi fosse. Vide Timo aprire la porta. Oltre essa tre ragazzi salutarono calorosi Timo. “Ehi, Timo!” Salutò un ragazzo dagli scintillanti occhi azzurri. Aveva capelli né troppo corti né troppo lunghi. Aveva una fisionomia del viso particolare: gli zigomi erano molto evidenti, labbra carnose e un sorrise alquanto smagliante. I capelli erano di un marrone scuro. Dietro di lui un ragazzo con canottiera nera senza maniche, jeans calati, catene ai passanti e una cuffia nera in testa. La sua espressione diede a David un non so che di calmo. Forse era il pacioccone del gruppo. In mano aveva un paio di bacchette. “Deve essere il batterista…” Pensò David. E per ultimo entrò un ragazzo con una sciarpa a coprirgli il viso, una maglia a maniche corte e jeans. Avevano tutti gli occhi azzurri e sia il batterista che il ragazzo con la sciarpa avevano i capelli di un biondo bruciato. Al batterista usciva un ciuffetto arricciato dalla cuffia, ecco come lo aveva dedotto David. Il ragazzo che era entrato per primo aveva una canottiera uguale a quella del batterista e un paio di jeans larghi, blu scuro e strappati ai ginocchi. In mano teneva uno skateboard. Si abbracciarono tutti e Timo li condusse al salotto, dove c’era anche David. Questo si alzò in piedi di scatto. Timo fece un gesto con il braccio verso David. “Questo è il ragazzo che ospito per tutta l’estate, David. È norvegese, ma capisce il tedesco come se fosse la sua madre lingua!” David a quelle parole arrossì e, sorridendo, disse “Ciao, piacere di conoscervi.” Il ragazzo dal sorriso smagliante gli porse la mano. David andò a stringergliela. Aveva una stretta forte, dando a David l’impressione che volesse comunicargli il suo piacere di fare amicizia con lui. “Piacere mio, David. Io sono Frank Ziegler, l’altro cantante del gruppo. Chiamami pure Franky!” Si sorrisero. “Ok, Franky!” Confermò David. Venne avanti con calma il batterista “Lascia che mi presenti anche io. Ciao, mi chiamo Juri Ibo Kaya Schede, altrimenti solo Juri. Per quando avrai finito di chiamarmi con tutto il nome sarò già da te da un pezzo! Uh, sono il batterista dei Nevada Tan, il nostro gruppo.” Si strinsero la mano. Aveva anche lui una stretta forte, ma non rispecchiava affatto la sua personalità calma e all’apparenza timida. “Ehi, Jan! Non ti presenti tu?” Chiese Timo al ragazzo con la sciarpa in volto, sporgendosi oltre la spalla alta di Juri per poterlo vedere. Jan si fece avanti timidamente. “C-ciao, mi chiamo Jan Werner e…sono il DJ del gruppo…” David gli prose la mano. Jan gliela strinse dopo verla guardata per un secondo. “Il piacere è tutto mio, Jan.” Questo gli sorrise da sotto la sciarpa. “Ehi ragazzi. Ma dove sono Raul e Linke?” Chiese Timo ai suoi amici. Rivolsero la loro attenzione a lui. “Bèh…sai come sono i gemelli Linke. Sono sempre in ritardo. È l’unica cosa che li accomuna oltre all’aspetto!” Disse Juri. “Anche troppo per i gusti miei!” Si lamentò Franky incrociando le braccia e facendo il broncio. “E io sapevo anche che Jennifer, la tua ‘ragazza’, se così si può chiamare…” Disse Juri facendo le virgolette con due dita di entrambe le mani. “…sarebbe venuta insieme a loro.” Allora Timo disse “Strano! Se c’è Raul, Jennifer non oserebbe mai avvicinarsi a Linke!” “Sì, ma siccome si è ritrovata in ritardo è corsa comunque dal suo carissimo amico Linke anche se c’era il gemello e verranno tutti e tre insieme con la macchina, suppongo.” Timo abbassò lo sguardo, pensieroso. “Posso farti una domanda, Timo? Ma non sei geloso che Jennifer passi molto tempo con Linke nonostante lo conosca meno di quanto conosce te e lo definisce il suo migliore amico?” Timo a quella domanda alzò il capo e guardò Franky. Si sentì un moto di rabbia e insicurezza che aveva sempre avuto da quando conosceva Jennifer.
In effetti aveva dei dubbi su quell’argomento: lei diceva che con Linke ci parlava e ci si confidava perché Timo era un menefreghista, ma anche un bonaccione, nei suoi confronti e aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno. Ma, secondo gli amici di Timo, era solo una scusa per scoparsi Linke, anche se non ne avevano prove concrete. Ciò che sapevano per certo è che Jennifer era la perfidia fatta persona: usava sia Timo che Linke per soddisfare le sue fantasie sessuali ed erano certi anche del fatto che fra qualche mese, se non fra qualche settimana, avrebbe lasciato Timo per poi dire allo zio che l’aveva lasciata lui e altre stronzate varie facendo una scenata da commedia! Gli amici a Timo di questo gli avevano già parlato, ma l’unica cosa che faceva lui era scuotere la testa e dire “No, lei ama me. Io la conosco e non vengo certo a dare retta a voi che ve la volete portare a letto! E poi Linke è un mio amico…e non mi farebbe mai questo!” Con queste parole che lasciavano un mare di dubbi nella sua testa (Timo si era reso conto troppo tardi che i suoi amici avevano la piena ragione) tra Timo e gli altri del gruppo era calata una specie di atmosfera aspra, che si era risolta quando Timo aveva capito che tipa era Jennifer e aveva chiesto scusa a tutti. Tutto questo a causa di Jennifer che “Gli sta facendo il lavaggio del cervello!” Come sosteneva Juri. Il bello è che una volta, se non due, al mese i ragazzi facevano sempre una riunione a casa di un membro del gruppo (a giro) per parlare di tutto ciò che vorrebbero fare, proporre per il futuro, e anche dire ciò che li importuna. Il ‘problema Jennifer’ era sorto molte volte nella riunione, ma Linke aveva sempre smentito imperterrito su di una loro presunta storia. La quarta volta che uscì fuori quell’argomento, Timo se n’era andato a piangere da qualche parte fuori dalla casa, probabilmente in giro per la strada, lasciando tutti allibiti per aver sbattuto la porta della sala di Juri. Agli inizi della storia tra Timo e Jennifer, questo povero disgraziato pensava fosse stato vero amore tra di loro, ma parliamo di un anno prima. Alle riunioni però lei non era mai presente perché erano segrete, quindi a lei non ne avevano mai parlato. Però lei e Raul, il gemello omozigote di Linke, si erano antipatici perché una volta Raul era andato a dirle in faccia tutto ciò che pensava lui di lei. E non solo, le aveva detto anche cose che pensavano gli altri membri del gruppo spacciandole per proprie. Era stato l’unico ad avere le palle di andare a dirle tutte quelle cose che avevano detto alle riunioni in faccia. Raul era un tipo simpatico, gentile, ma molto presuntuoso quando si parla di musica, soprattutto di chitarre! Il fratello Linke, invece, era arrogante fino al midollo, stronzo, menefreghista e un gran donnaiolo. Entrambi i gemelli avevano i capelli biondi e gli occhi azzurri. Ebbene Linke, per staccarsi dal fratello, se li era tinti di nero. Insomma, questo vi fa capire che era una gran testa calda. Tutti lo chiamavano per cognome proprio perché era stronzetto, altrimenti il suo vero nome era Christian. Odiava sentirsi chiamare per nome.
Restò così per un breve tempo. Gli occhi degli amici, compresi quelli inteneriti di David, erano puntati su di lui. Abbassò il capo, sconfitto dalla domanda di Franky “Bèh…ecco… Ragazzi, vi ho già detto che avevate ragione sul conto di Jennifer, no?” “E ti abbiamo creduto, Timo. Abbiamo fatto pace ed ora è acqua passata. Devi capire che siamo amici e dobbiamo restare uniti, ma ora noi vorremmo strappare il contratto che abbiamo firmato e mandare Jennifer e suo zio a quel paese…” Disse Juri. “Ehi, è già uscito questo argomento alla scorsa riunione. Ne abbiamo parlato: se troviamo un’altra casa discografica che vuole farci firmare un contratto, lasceremo Jennifer e lo zio!” Cercò di spiegare Timo. “No, Timo. Tu lasci, Jennifer.” Disse Franky assottigliando gli occhi in modo minaccioso. A Timo arrivò una pacca sulla spalla. Era di Jan. Timo lo guardò e si sorrisero. Jan girò il capo verso gli altri. “Ragazzi, ho…ho da dirvi una cosa….” “Spara, amico!” Disse Franky. Jan continuò a parlare con la testa bassa “Sapete già che sto bussando alle porte di varie case discografiche, no? Ecco…l’altro giorno ho parlato con una casa discografica…la Universal…” “C-cosa?! Hai contattato la Universal???” Disse Timo allibito, guardando Jan con gli occhi spalancati. “Ehi, aspetta bello, fammi finire! Dicevo, sono riuscito miracolosamente…” Disse alzando gli occhi al cielo e facendo delle mosse con le mani come per indicare coriandoli scintillanti che cadono dal cielo. “…a trovarli quando ho telefonato per la…decima volta. E mi hanno detto che volevano sentirci suonare. Mi hanno chiesto una copia del nostro album e così gliel’ho data. Hanno detto che mi richiameranno per farmi sapere.” “Q-quando è successo questo, Jan?” Chiese Juri cautamente come se avesse detto qualche parola fuori posto Jan l’avesse ucciso. “Ieri.” Disse tranquillo alzando le spalle. Le facce di Timo, Franky e Juri erano diventate così: O_O. L’unico a sorridere era David. Jan guardando le facce dei suoi amici chiese impaurito “Ho fatto male?” Si sentì abbracciare. Era Timo. Gli altri si unirono a lui per abbracciarlo. Tutto d’un tratto suonò il campanello. Tutti si voltarono nella direzione della porta, compreso David. Il cuore si saltò per l’ennesima volta in gola. “Questi devono essere loro. Vado ad aprire.” Disse Timo staccandosi dall’abbraccio e correndo verso la porta. Dopo un po’ entrarono nella cucina/salotto Timo, una ragazza bionda, piccola che lo seguiva tenendogli la mano e, pochi passi dietro di loro, apparve da dietro l’arco un ragazzo alto, con lunghi capelli neri,due grandi occhi blu come l’oceano e un pizzetto poco visibile sotto il mento. Dietro le spalle gli sbucava la custodia del suo strumento: il basso. Già dalla sua camminata, dalla sua espressione, si poteva dedurre che fosse un poco di buono. Indossava una camicia a scacchi sul marrone, un paio di jeans strappati ai ginocchi neri e un paio di scarpe larghe, imbottite, anch’esse nere con lacci da una parte rossi e dall’altra bianchi. Alzò il capo guardandosi intorno e appena vide David sfoggiò un sorriso che neanche si sarebbe dovuto chiamare sorriso.
Così si doveva chiamare: un ghigno.
David aveva notato subito di che persona doveva trattarsi, non conoscendo nulla di lui, e rabbrividì.

Edited by lalla1595 - 13/9/2010, 17:32
 
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